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Fa udire i sordi e fa parlare i muti

XXIII Domenica del Tempo ordinario

Parole chiave: commento al vangelo (239)
Quante forme di sordità viviamo?

Dal Vangelo secondo Marco 7, 31-37
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

I miracoli che Gesù compie spesso hanno anche un chiaro intento provocatorio. Nel corso della predicazione pubblica il Signore ha incontrato molte volte folle di persone che non hanno né ascoltato, né accolto la sua parola. Il gesto di guarigione del signore vuole proprio richiamare questa condizione esistenziale del non ascolto, più che il problema fisico della sordità.
Quante forme di sordità viviamo all’interno dei nostri nuclei familiari, nei nostri ambienti di lavoro e di scuola. Non si riesce ad ascoltare, non si riesce a dialogare. Gesù dona a noi orecchie e linguaggi nuovi per sapere udire e per saper comunicare.
Anche oggi Gesù ci prende in disparte e predispone le nostre orecchie per sentire l’altro che incontro, l’altro con il quale vivo, l’altro che chiede di essere risollevato nelle sue povertà materiale e morali. Gesù mi dona, inoltre, un linguaggio evangelico per comunicare con parole di misericordia, di carità, di fraternità e di accoglienza.

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