Zahra Joya: «Io giornalista esule per documentare le violenze sulle donne»

Con questa e decine di altre testimonianze, storie, interviste e lettere, le giornaliste di Avvenire fino all’8 marzo daranno voce alle bambine, ragazze e donne afghane. I taleban hanno vietano loro di studiare dopo i 12 anni, frequentare l’università, lavorare, persino uscire a passeggiare in un parco e praticare sport. Noi vogliamo tornare a puntare i riflettori su di loro, per non lasciarle sole e non dimenticarle. E per trasformare le parole in azione, invitiamo i lettori a contribuire al finanziamento di un progetto di sostegno scolastico portato avanti da partner locali con l’appoggio della Caritas. QUI IL PROGETTO E COME CONTRIBUIREZahra Joya aveva solo cinque anni quando i taleban presero il potere per la prima volta in Afghanistan. Era il 1996 e una delle prime decisioni degli studenti islamici ora al potere fu di bandire l’istruzione delle bambine. Chiuse in casa, senza la possibilità nemmeno di imparare a leggere e scrivere, alle afghane veniva tolto qualunque futuro, ogni possibilità di indipendenza, ogni forma di vita che non fosse una sottomissione completa ai maschi e ai doveri domestici.

Ma alla piccola Zahra imparare piaceva moltissimo e così supplicò i genitori di mandarla a scuola. Fu lo zio insegnante ad accompagnarla ogni giorno, per un tragitto lungo per due ore, travestita da maschio e nascosta sotto il nome di Mohammed, in quella scuola dove è cominciato il suo futuro di donna indipendente.

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