Diocesi
Verso le elezioni del 25 Settembre. L’incontro in Vescovado
Nel salone del Vescovado si sono incontrati i candidati alla Camera del collegio uninominale per la circoscrizione elettorale Livorno-Pisa: ANDREA ROMANO (PD, Verdi, + Europa, Sinistra Italia); ALESSANDRO COSIMI (Italia viva, Azione); CHIARA TENERINI (Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega); STELLA SORGENTE (5 Stelle); COSTANZA VACCARO (Italexit); ALESSIO FLAMMIA (Italia sovrana e popolare, PCI); VITTORIO CATENI (Unione popolare) (in sostituzione di Francesca Pacchini, assente per impegni di lavoro).
Due minuti a disposizione per ogni candidato per rispondere a queste 5 domande:
– Com’è possibile perseguire una unità sui valori della nazione, quando si affrontano leggi su tematiche bioetiche dove vi sono diversità di pensiero e di culture assai diverse fra loro (vedasi eutanasia e omofobia)?
– La famiglia si è dimostrata la prima e principale forma di welfare, come sostenerla affinché sostenga?
– Quali politiche dovrebbe mettere in campo il prossimo parlamento per far fronte al problema della denatalità?
– Come sostenere il Terzo settore?Com’è possibile ad esempio che una autoambulanza donata dalla popolazione diventi fonte di reddito per lo Stato con l’iva al 20%??
– Come coniugare giustizia e pace, una guerra di aggressione con l’esigenza inderogabile almeno del “cessate il fuoco”?
L’incontro, che è stato trasmesso in diretta streaming, con tutte le risposte dei candidati, l’introduzione di mons. Razzauti e l’intervento finale di mons. Giusti è disponibile alla visione su https://www.youtube.com/watch?v=suQgMUbZSME. Su queste pagine nei prossimi giorni riporteremo i video dei candidati in risposta alle singole domande.
Un’ottima sintesi dell’incontro nell’articolo di Mauro Zucchelli su Il tirreno di oggi.
Candidati sul ring. Monsignor Giusti: mi fa paura l’indifferenza, non la vivacità
«È l’indifferenza che mi preoccupa: meglio vivaci che addormentati». Parola del vescovo Simone Giusti. Al dibattito nel chiostro della curia con i candidati in lizza all’uninominale della Camera alle prossime elezioni si è appena placata una scaramuccia che sulla guerra in Ucraina ha coinvolto Alessandro Cosimi (in lizza per il fronte Renzi-Calenda), Vittorio Cateni (candidato di Unione Popolare) e, dal pubblico, Aurora Trotta (consigliera comunale di Potere al Popolo. Poco prima Costanza Vaccaro (ex Lega, ora Italexit) se l’era presa con «il tradimento del mio ex partito» e non aveva risparmiato aspri attacchi al Pd. Dal canto, Andrea Romano (deputato dem uscente, in campo per il centrosinistra) non aveva certo rinunciato a «marcare le differenze con una destra che qui in Italia rincorre Orban anziché i conservatori europei»…
Però non crediate che sia stato il solito teatrino da talk show: confronto su cinque domande già inviate ai candidati ma uscendo finalmente dal recinto del sì/no ai soldi alla scuola cattolica o sì/no all’aborto per indicare temi fondamentali sui quali misurarsi. A tenere in pugno il dibattito è stata Chiara Domenici, responsabile comunicazione: due minuti a testa per ciascun giro di domande e poi stop. Che non sarebbe stata un algido “programma dell’accesso” lo si è capito subito quando Giusti ha salutato con affetto soprattutto l’ex sindaco Cosimi. Ancor più spiazzante quando il vescovo, in chiusura, ha sottolineato alcune suggestioni arrivate da due giovani esponenti comunisti, Vittorio Cateni (Potere al Popolo e Rifondazione) e Alessio Flammia (sinistra radicale sovranista): e quest’ultimo aggiunge che «pensavo di ritrovarmi a Peppone e don Camillo…».
Per la foto ricordo c’è il rebus di dove si piazza il vescovo: finisce fra Chiara Tenerini (centrodestra) e Stella Sorgente (M5s): «un prete in mezzo alle donne», chiosa lui. E poi segnala che, aprendo ai greci cattolici, la Chiesa ora ha «anche qualche prete sposato» («ma ho parlato con un imam e mi ha detto che hanno anche loro la crisi di vocazioni, eppure possono prender moglie»). Al di là delle battute da prete, occhi puntati su cinque temi: 1) come si fa a non spaccare in due la comunità civile e ad affrontare temi di forti contrapposizioni come omofobia e eutanasia? 2) come si aiuta la famiglia? 3) cosa fare contro il calo delle nascite? 4) come si sostiene il volontariato? 5) cosa fare per fermare la guerra? La premessa di mons. Paolo Razzauti: una lunga citazione per disegnare l’identikit di una Chiesa che non avrà più né i privilegi storici né il potere sociale, sarà solo un piccolo gregge di credenti «capaci di profezia» (che «non è indovinare il futuro ma mettere a nudo le contraddizioni del presente»). Sorpresa: è un brano di Ratzinger, anno 1969.
Ma è anche una sorpresa scoprire che sui temi bioetici sensibili i candidati cercano sì una sponda nel pensiero di papa Francesco e tuttavia non si limitano a lisciare il pelo alla Chiesa. Ad esempio, la pentastellata Sorgente difende l’approccio di «ascolto e tenerezza» ma anche fermezza contro «ogni bullismo omofobico» mentre il dem Romano parla di «morte volontaria medicalmente assistita» e mette in chiaro «una chiara differenza fra far morire e lasciar morire» (questioni per le quali «vanno trovate soluzioni in Parlamento, non con un referendum»). Cateni vede nel clero uno sbarramento contro i diritti civili e se la prende con chi «parla di rispetto di sensibilità differenti per negare diritti inalienabili». Da Vaccaro arriva un altolà «alla maternità surrogata e alle teorie del “gender”».
Quanto alla famiglia, le cose da fare sono abbastanza condivise: la forzista Tenerini sostiene che bisogna «dare lavoro a giovani e donne» e puntare «su servizi come i nidi», lo ribadisce anche Cosimi («il sostegno alla natalità non riguarda solo la famiglia, è un investimento per la società nel complesso»). L’ex capogruppo leghista aggiunge la detassazione di babysitter e nidi, oltre all’aiuto nell’acquisto di casa con garanzia statale; Sorgente insiste anche su «reddito di cittadinanza e salario minimo, taglio del cuneo fiscale e parità salariale»; per Tenerini bisogna pensare a «sgravi fiscali per famiglie numerose ma il reddito di cittadinanza è assistenzialismo». Romano (Pd) indica il “quoziente familiare” come strategia fiscale valida e parla di «famiglie al plurale»: molti sono i modelli, “arcobaleno” compresi. Nel mirino Fratelli d’Italia: 1) «è l’unico partito italiano a aver votato in Europa contro il fatto che uomini e donne abbiano pari stipendio se fanno lo stesso lavoro»; 2) è contro il “Pnrr” «così utile per avere nuovi asili».
Sono i due più giovani del gruppo a mettere l’accento su un altro aspetto, che poi il vescovo riprenderà: «Non è solo questione di servizi, non si fanno più figli ma non ci pensiamo nemmeno», dice Cateni. E Alessio Flammia (Italia Sovrana e Popolare), inquadrando il problema «dentro la crisi dell’ Occidente»: la famiglia «mette al centro la relazione con l’altro» mentre oggi la mentalità «è centrata sul “sé”». Vaccaro accusa il Pd di voler risolvere la denatalità «con l’immigrazione: la bomba sociale la crea il buonismo, sicurezza coincide con libertà». Ma Cosimi contrattacca: «La sicurezza è fatta di cultura, non di cancelli: a forza di cancelli finisci per rinchiuderti da sola».
Capitolo guerra. Ben venga una forte azione diplomatica: possibile, secondo Romano, se l’Italia esercita un ruolo forte negli organismi multilaterali» (e come Cosimi ricorda con tremore che la nuova premier di Londra non ha escluso l’uso di armi atomiche). Tenerini segnala che «da tutte queste guerre nel mondo non abbiamo imparato nulla», Sorgente ricorda che il M5s si è staccato dalla furia bellicista che vedo in altri partiti», Flammia ricorda che papa Francesco ha criticato anche la Nato, Cateni rivendica che i parlamentari di Pap-Rifondazione sono gli unici ad aver detto no al riarmo dell’Ucraina, contro il quale si scaglia anche Vaccaro. E Cosimi: «Vorrei che di questa guerra si parlasse di più in campagna elettorale».
Mauro Zucchelli
Non è affatto la prima volta che il vescovo Simone Giusti chiama a raccolta i candidati in lizza alle elezioni: l’ha già fatto in occasione del voto per il sindaco nel 2014 e cinque anni più tardi, l’ha fatto in vista dell’appuntamento con le urne che nel 2013 segnò il debutto-exploit dei Cinque Stelle in Parlamento. Non è un segreto che il monsignore-architetto veda la Chiesa come una delle istituzioni-pilastro della comunità civica: un po’ come Bruno Vespa che, con il suo programma tv è per la politica romana la “terza Camera”, ecco che in sede locale apparecchiando quest’incontro Giusti diventa il riferimento ecumenico e, in mancanza di figure di coscienza collettiva, ritagliarsi un ruolo da voce della città. Talvolta perfino accentuando la cadenza delle origini pisane: il Vernacoliere lo accolse al grido di “Piuttosto si doventa mussurmani”.In virtù delle ripetute iniziative su bacini, porto e occupazione, gli è stata riconosciuta questa dimensione: gli capita di scendere in campo spesso senza limitarsi a auspicare in nome di principi religiosi ma, magari per via dei pregressi fra capitolati e appalti, pronto a reggere un confronto sulle cose, sui problemi, sulle soluzioni usando un linguaggio pragmatico e, se non fosse un paradosso dirlo di un vescovo, “laico”.