Un’iniziativa dell’Università Cattolica

La morte di un genitore è un fatto irreversibile: il padre, la madre scomparsi non torneranno mai più in vita. E’ una fatto che un bambino non è ancora pronto ad accettare. Del resto questo evento mette a dura prova le relazioni tra i famigliari, rendendone difficile la condivisione e inducendo ciascuno a chiudersi e isolarsi in un silenzio che priva il bambino dell’aiuto indispensabile per elaborare in modo attivo e positivo il lutto. Così, spesso anche il bambino, proprio in una età in cui è più difficile comprendere la perdita di un genitore, vive in solitudine la propria sofferenza. Gli adulti sperano invece che proprio il loro silenzio lo protegga dall’impatto con la morte e con il dolore della perdita. Si evita il discorso, si cerca di distrarlo, di fingere che la vita sia ancora quella di prima.

Il bambino, al contrario, di fronte alla prostrazione e al silenzio del genitore superstite, al radicale cambiamento dell’atmosfera famigliare che anche i più piccoli percepiscono nettamente, tende a non fare domande per non ferire ed allontanare chi è ancora presente. Ignorando spesso anche le cause della morte, attribuisce a sé stesso la responsabilità e la colpa di quanto accaduto. Le sue energie, destinate alla crescita, vengono così assorbite da questo evento incomprensibile. Si produce di frequente un blocco evolutivo. Come, allora, prendersene cura? Come aiutare il bambino e l’adulto ad affrontare questo evento in modo che lo sforzo condiviso per superarlo rafforzi il loro legame e questo consenta al bambino di riprendere il suo percorso evolutivo, tornare ad investire le risorse nella crescita e nelle questioni tipiche dell’età?

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