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Una proposta dal Congresso di Roma
Il visitatore indossa un casco stereottico, si avvicina allo schermo, unisce indice e pollice e questo gesto innesca un puntatore. Clicca su un disco rosso e dopo un breve countdown può fare una domanda nientedimeno che a Platone o – all’altro lato della sala allestita nel rettorato dell’Università “La Sapienza” – a Confucio. La domanda viene inviata a un motore di IA, che eventualmente corregge imperfezioni logico-semantiche (un visitatore ha chiesto a Platone di parlare di “virtues”, virtù, ma la macchina aveva capito “vectors”, vettori). I due avatar in 3D – perché di questo di tratta – si muovono, gesticolano e con la loro voce sintetica (sincronizzata dalla macchina con il movimento delle labbra) rispondono, facendo una sintesi mirata, che attinge al patrimonio delle teorie dei due personaggi storici. Diversamente da ChatGpt, alla quale ci si può rivolgere su tutto, qui è stato infatti isolato un sottosistema inerente alla filosofia dei due autori, che ad esso – grazie a espedienti linguistici – riconducono anche le domande più generiche. Al filosofo greco ci si può rivolgere in italiano e in inglese (la parte contenutistica è stata realizzata in collaborazione con l’Università di Atene), al saggio cinese solo in italiano. L’esempio di realtà virtuale immersiva, che i partecipanti al XXV Congresso mondiale di filosofia di Roma stanno apprezzando, è stato realizzato dall’azienda Engineering per dimostrare la potenzialità di tali tecnologie. Ma non si è trattato solo di “toccare con mano” lo sviluppo delle tecnologie basate sull’IA. La riflessione sul digitale e i suoi rapporti con l’umano ha innervato il Congresso.
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