Troppo lavoro o troppa disoccupazione?

Mai come oggi il mondo del lavoro ha vissuto e vive questi estremi. Da una parte l’eccessivo lavoro ha prodotto il fenomeno  dello stress sempre più marcato tra i lavoratori, dall’altra la crisi dei posti di lavoro ha dato origine alla nevrosi del vuoto e della noia di chi si sente inutile.

Del resto la nostra epoca è dominata dall’homo faber che esalta unicamente il lavoro, forse è questo il motivo per cui i pensatori, poeti e monaci godono di cattiva reputazione. L'”uomo macchina” programmato per il lavoro è sempre più incapace di fermarsi, e se si ferma è perduto.

Lo psichiatra viennese Viktor E. Franckl lo aveva diagnosticato nella “volontà di senso”, per cui l’uomo macchina, totalmente votato al lavoro, è improvvisamente assalito da noia, nausea e nevrosi sopratutto nel weekend settimanale.

Qualunque psicologo può comprendere la profonda aggressività che si nasconde nell’eccessivo lavoro quale autoaffermazione di dominio e di prepotenza. Si tratta di uomini incapaci di attendere e di ascoltare, se lo facessero vedrebbero venire a galla la loro minacciosa ansietà, per negarla evadono con l’attivismo incessante.

Il lavoro, del resto, pur nobilitando l’uomo, non sempre è in grado di infondere gioia e significato alla vita. Specie quando è trasformato in idolo a cui si sacrifica la famiglia, gli amici e perfino Dio, distruggendo nell’uomo la sua gioia di vivere.

O il lavoro è un servizio o è una schiavitù. Solo la libertà è in grado di assicurare all’uomo un lavoro come servizio libero e responsabile.

A differenza dell’homo faber, l’uomo di fede può scoprire l’altissimo valore di ogni lavoro, perché in esso non solo lavora, ma collabora con Dio stesso all’opera della creazione. Mediante il lavoro manuale, l’uomo di fede può contemplare Dio e vivere la grandezza della sua vocazione.

Divenire patners di Dio lo rende degno del suo lavoro, la sua dignità si comunica all’opera delle sue mani. In ogni lavoro risplende l’opera di Dio e la dignità dell’uomo. Gesù fu falegname, san Paolo conciatore di pelli…

Dignità, ma anche responsabilità di saper distinguere tra il pane che nutre e la bomba atomica che uccide.

Il lavoro c’è per tutti, non c’è spazio per disoccupati e nemmeno per stressati ma forse ciò che manca tra gli estremi è l’equilibrio del lavoro ovvero dell’amore per il lavoro.