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Testimoni di fede: Francesca Atzeri
“Il mio amore per la vita comunitaria viene da lontano. Fin da piccola sentivo un grande desiderio di fare festa: la mia casa ogni fine settimana si riempiva di adulti e bambini, era bellissimo, sembrava che la gioia aumentasse man mano che arrivavano le persone! Insieme a questo, l’amore per la missione, infatti sempre mi ha attratto la possibilità di aiutare chi aveva bisogno. Ogni anno con un amico, d’estate, ci inventavamo una nuova esperienza per aiutare i più poveri, cambiando luogo e realtà, se poi era un po’ avventuroso ancora meglio! Tra queste non posso dimenticare un campo di raccolta del ferro con l’operazione Mato Grosso, un vero massacro! Ma quanta soddisfazione aver resistito fino all’ultimo… Quello che mi piaceva di più? Amavo giocare a tennis e nonostante la timidezza vivevo con grinta ogni partita, è sul campo che ho ricevuto le prime lezioni di vita significative, fuori dall’ambiente familiare. Per fare felice mio papà, che era appassionato di barca vela, tante volte d’estate andavo con lui. Là ho imparato cosa vuol dire fidarsi e abbandonarsi al di là dei propri timori, godendo della bellezza che si rivela solo a chi ha fa la scelta di “buttarsi”.
Il mio cammino di fede è iniziato in giovanissima età, grazie alla mia famiglia, che era legata ai gesuiti. Dio, in particolare nella persona di Gesù, l’ho sempre sentito come un amico, unico e speciale, ma la passione per Lui si è fatta strada a partire da un’inquietudine che mi ha sempre abitata e a cui non sapevo dare il nome. Mi chiedevo: “Perché ho tutto ciò che una persona può desiderare e sento questo vuoto, una sete che niente riesce a estinguere, un desiderio di pienezza inappagato?”Il fidanzato, le amicizie, il cammino di fede e il volontariato, diventare medico, il sogno di anni finalmente raggiunto, tutto sembrava insufficiente a dare la risposta al senso della mia vita, al perché ero nata.
È proprio questo vuoto che devo ringraziare, perché mi ha obbligato a cercare quello che la vita ancora non mi aveva offerto, un’esperienza prolungata di prossimità con i poveri. In quel tempo ho conosciuto la CMV e sono partita per un’esperienza in Perù. Prima di partire ho intitolato la mia esperienza “Appuntamento con Dio” perché è di questo che si è trattato. Lui mi stava aspettando là, in quel momento, tra i piccoli e i miei occhi l’hanno riconosciuto. Una frase risuonava continuamente dentro di me quando alla finestra guardavo le chosas e quelle immense colline di sabbia: “Perché vedo solo povertà e il mio cuore è traboccante di gioia?” Quello che sentivo era qualcosa di completamente nuovo, che mi riempiva e dava senso al mio esistere. La gioia di condividere con altri questa esperienza mi rallegrava, essere famiglia che ama i piccoli, che li ama insieme… che meraviglia! SI’! – Quando sono tornata sono bastati pochi mesi per dire il mio “si” a una passione che era nata nel mio cuore o che forse c’era sempre stata senza essere riconosciuta. Ricordo come fosse oggi il mio atto di fiducia più bello verso Dio, quando ho detto “si“ senza avere nessuna certezza, quando ho capito in un istante che dire “si” a Dio vale più di mille certezze perché Lui è l’unica vera certezza che conta. In tutto questo slancio ho dovuto sacrificare qualcosa che mi ero costruita con le mie mani, con dedizione e perseveranza: la medicina, l’unico vero amore che non riuscivo a consegnare. Dio mi ha corteggiato come il migliore degli amanti e giorno dopo giorno mi ha conquistata. Non più ferite fisiche, ma ferite più profonde mi stava affidando: mi chiedeva di curare il cuore dell’uomo.
“Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo”(Fil 3,3-8). Questa è la parola di Dio che mi ha accompagnato in quel momento. Oggi sento che è cresciuta la comprensione che cercare e fare la volontà di Dio è la nostra libertà, gioia e bene supremo.
Ho capito che ogni giorno è un’opportunità unica per crescere, amare e ricevere l’amore e che è da qui che bisogna ripartire sempre.Ho capito che i piccoli, i deboli, i sofferenti, gli esclusi sono i miei maestri di vita. Guardando loro continuo a scoprire il volto di Dio, che riconosco in modo speciale in un gesto che tante volte ho ricevuto da loro, commuovente, gratuito, bellissimo, il bacio alle mani come se loro riconoscessero nell’uomo la sacralità che lo abita.
Ho capito che non c’è gioia più grande di amare gli altri essendo famiglia e che preferisco pochi successi pastorali fatti insieme che una moltitudine compiuti da sola, perché la vera azione missionaria è fecondata, resa credibile e efficace dalla comunione tra noi, anche quando fiorisce dalle lacrime”.