Diocesi
Sono un servo inutile
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
«Accresci in noi la fede!»
Che significato può avere la richiesta che gli apostoli fanno a Gesù? Si può misurare la fede? Si può aumentare? cosa gli apostoli chiedono davvero al Signore Gesù? Le parole di Gesù sullo scandalo e sul perdono (cfr. Lc 17,1-5) avevano spiazzato i poveri suoi seguaci da scoprire che la loro fede è inadeguata. Nella loro cultura erano abituati a confrontarsi con i numeri ma Gesù va oltre ogni misura: settanta volte sette (Lc 17,5). Sanno bene quanto la fede sia causa di salvezza (cfr. Lc. 5,20; 7,50; 8,48; 17,19; 18,42) ed ancora risuona in loro le parole del Signore che li chiama “gente di poca fede” (Lc 12,28).
Due parabole sono la risposta alla loro domanda.
esso vi obbedirebbe
La parabola del gelso che si muove per piantarsi in mare è talmente assurda da far pensare che la fede ha la capacità di rendere possibile l’impossibile. Gesù mette i suoi discepoli davanti all’impossibile, perché vuole che sia chiaro che la fede non ha la dimensione dell’umano, non è una conquista umana sul mondo. Essere suoi discepoli è piuttosto un donodi cui restare stupiti; non siamo chiamati a imitare i suoi gesti ma a mettere la nostra vita nella sua perché la si possa trapiantare, anche nell’assurdo: nulla è impossibile a Dio (Lc 1,37). Anche noi dovremmo lasciarci stupire dalla nostra fede, cresciuta proprio come un gelso in mezzo al mare,l’utopia che nella fede diventa già realtà possibile e raggiungibile; come nelle Beatitudini (Lc 6,20), nella vittoria della sconfitta (Lc 9,24) o nella scelta degli ultimi posti (Lc 14,9). Se siamo disposti a buttare all’aria i nostri progetti, per metterci in ascolto di quelli di Dio,se non rimaniamo prigionieri delle nostre incapacità e insicurezze, allora cominciamo a credere che è lui che può portarci oltre i nostri limiti e i nostri peccati.
un servo
La parabola del servo ci aiuta a capire meglio il mistero della fede… Perché la fede non è un puro sentimento (come l’amore e la speranza), di quelli che provocano una emozione dell’anima, piuttosto è la relazione privilegiata tra l’uomo e Dio che trova concretezza nella relazione tra gli uomini e nella costruzione della storia.
Il servo lavora nel campo, tutto il giorno; a fine giornata anche se crede di aver finito ha ancora molto da fare non si può accomodare per mangiare e riposare. Questo è Fede: un lavoro quotidiano, costante, senza riserve; si rafforza e cresce nell’impegno concreto, nella costante attenzione alla storia dell’uomo. L’impegno per gli altri, lo sviluppo delle relazioni, la solidarietà, la condivisione, la carità sono i luoghi in cui la Fede si manifesta. Come servi, non come padroni (Lc 20,10), come servi operosi (Lc 12,43), capaci di mettere a frutto i propri doni (Lc 19,12).
servi inutili
Gesù esce dall’esempio parabolico e ci interpella direttamente “Così anche voi”…Dobbiamo avere uno sguardo lungo, che vada oltre le angosce del presente, oltre le preoccupazioni della quotidianità, oltre la monotonia de “abbiamo sempre fatto così”, per proiettarci verso il futuro, forse assurdo, utopico, che però abita nel cuore della Provvidenza, è custodito nell’amore di Dio.
La storia della fede non comincia né con il sacrificio dei martiri, né con la parola dei profeti o qualche impresa umana. Comincia con il “sì” di una ragazza che accoglie in sé una vita non sua che ha bisogno di essere accolta e custodita nella vita dell’uomo.
La fede non è espressione di quello che già abbiamo dentro, confondendo Dio con i nostri sentimenti e i nostri gusti; prima di tutto è riconoscere ed accogliere ciò che viene da fuori di noi, la sua volontà, i suoi comandi,ciascuno secondo la sua vocazione, ma senza riserve…con una certezza che il “lavoro della fede” non è uno “straordinario” non ci dà un maggior utile od una opportunità maggiore. La gioia, la libertà interiore nasce proprio dal sentirsi servi inutili davanti al Signore.Come Cristo che si è fatto servo fino in fondo. Il primo servo inutile è proprio Gesù che ha speso tutta la sua vita e quando ha fatto quanto doveva fare si è lasciato inchiodare sulla croce. L’inutilità ci dà la dimensione dell’amore totale e gratuito.