Solo Dio nasce e non invecchia mai!

Siamo avvolti nel mistero – ha esordito così il vescovo Giusti nella sua omelia di Natale – La scienza ci parla solo delle cose concrete, materiali. La scienza ci dà notizie su come funziona il mondo, ma lascia aperti tutti gli interrogativi che riguardano i perché e le domande di senso. Perché c’è l’universo? Perché c’è la luce? Perché proprio in questo insignificante frammento dell’universo che si chiama Terra, c’è la vita? Perché l’evoluzione della vita ha portato all’uomo? Che senso ha, nell’Universo e sulla Terra, la presenza dell’uomo, unica creatura pensante, soggetto in un mondo di oggetti, formato da un numero di atomi diecimila volte più grande dei centomila miliardi di miliardi di stelle dell’Universo? Che senso ha la mia vita? Perché un virus, un’entità non vivente di 100 nanometri, il COVID, può aggredire ed uccidere un uomo, un’entità vivente fatta da un numero di atomi dieci miliardi di miliardi di volte maggiore?

Non siamo i padroni del mondo – ha continuato il Pastore della Chiesa che è in Livorno – La realtà è molto, molto più “grande” di noi. E’ al di là di ogni nostra capacità di comprenderla. La scienza è utile perché ci fa conoscere il mondo e ci può aiutare a risolvere problemi, anche se a volte i problemi è la scienza stessa che li crea. In ogni caso, la scienza non può farci diventare onnipotenti. Le risposte ai perché e alle domande di senso non si trovano nella materia e nella scienza. Bisogna cercarle in altri ambiti: nelle categorie dello spirito, nella filosofia e nella religione.”[1]

E nella riflessione offerta a coloro che hanno partecipato al Natale in Cattedrale, monsignor Giusti ha ricordato come il mistero dell’Universo si manifesti in questa notte di luce.

Colui che è prima del tempo, l’invisibile, l’incomprensibile, colui che è al di fuori della materia, il Principio che ha origine dal Principio, la Luce che nasce dalla Luce, la fonte della vita e della immortalità, l’espressione dell’archetipo divino, il sigillo che non conosce mutamenti, l’immagine invariata e autentica di Dio, colui che è termine del Padre e sua Parola, si manifesta venendo in aiuto alla sua creatura che così tanto gli somiglia da essere a sua immagine, e si fa uomo per amore dell’uomo. Perché? Solo la sua essenza, Amore, lo svela.

Assume un corpo per salvare il corpo e per amore accetta di unirsi a un’anima dotata di umana intelligenza. Così purifica colui al quale si è fatto simile. Ecco perché è divenuto uomo in tutto come noi. Dio, in un certo senso, assumendo l’umanità, la completò quando riunì nella sua persona due realtà distanti fra loro, cioè la natura umana e la natura divina. Questa conferì la divinità e quella la ricevette. E colui che è la totalità, si spoglia di sé fino all’annullamento.

Ma cosa significa questo grande mistero?

Egli assume la mia condizione umana per salvare me e per dare a me, mortale, la sua immortalità. Così egli con la sua forza vinse la potenza demoniaca, ci ridonò la libertà e ci ricondusse alla casa paterna. Dopo la prima incerta luce del Precursore, viene la Luce stessa, che è tutto fulgore. Dopo la voce, viene la Parola, dopo l’amico dello Sposo, viene lo Sposo stesso.[2]

L’infanzia eterna di Dio

“Tutto nasce e invecchia e va in polvere, tranne Dio che è sempiterna natività ineffabile: il Suo Santo Natale è il tono giusto di ogni vita vera, spirituale. Occorre incessantemente riportarci e intonarci là e a quel là per cantare la Vita. Il tempo corre e si crescere e questo importa non perdere l’innocenza divina, l’incomparabile tenerezza, la freschissima grazia dell’intatta creazione e ricreazione di Dio, svolgere e fruttificare quella divina infanzia. Ma perché Dio nasca bimbo sulla terra – nel nostro fango – occorre esser come dei bimbi: poveri ed umili consci con vagito del nostro niente. [3]

Due verbi sono alla base di questo cammino per rimanere nell’infanzia spirituale: ricordare e generare, ricordare significa etimologicamente “riportare al cuore”. Due modi per rendere la via dell’umiltà una via concreta da mettere in pratica. Se la Parola di Dio ricorda al mondo intero il valore della povertà, dobbiamo impegnarci in una conversione alla sobrietà.

Se il Vangelo annuncia la giustizia, noi per primi dobbiamo cercare di vivere con trasparenza,

Diventare grandi rimanendo nella vitalità del bambino, è la grande condizione della fede e questo esige di avere il coraggio di togliersi la propria armatura, di dismettere i panni del proprio ruolo, del riconoscimento sociale, del luccichio della gloria di questo mondo, e assumere la sua stessa umiltà, che è quella del Figlio di Dio che non si sottrae all’umiltà di “scendere” nella storia facendosi uomo. Arriva il momento, nell’esistenza di ognuno, in cui si ha il desiderio di non vivere più dietro il rivestimento della gloria di questo mondo, ma nella pienezza di una vita sincera, senza più bisogno di armature e di maschere. L’infanzia spirituale è allora per prima cosa «comprendere che non dobbiamo vergognarci della nostra fragilità», così fa un bambino.

E ha concluso: Siamo qui – io per primo – per imparare l’infanzia spirituale

Come un bimbo proiettato nel domani, stare in ginocchio e adorare il Signore nella sua umiltà e non altri signori nella loro vuota opulenza e inutilità: essi non salvano dalla morte. Il bimbo nasce per vivere.

 “O Gesù Bambino ch’io sia neonato, con voi,

puro e puro e puro, in te e te, Gesù Bambino!

Dio, che è, opera attraverso chi non è.

Colui che fa le cose, opera per le cose che non sono affinché siano.”[4]

Guarda le foto scattate da Antonluca Moschetti

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[1] Vincenzo Balzani, Chimico, professore emerito presso l’Università di Bologna.

[2] Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo (Disc. 45, 9. 22. 28; PG 36, 634-635. 654. 658-659. 662)

[3] Clemente Rebora Durante le 3 S. Messe del S. Natale nell’anno 1933.

[4] Clemente Rebora Durante le 3 S. Messe del S. Natale nell’anno 1933.