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Le serie tv riscoprono la religione. Non che fosse sparita tra i temi a corredo delle storie, ma da tempo non entrava così di forza nelle vicende dei protagonisti. Tra l’altro ad essere riscoperte sono le fedi religiose con le regole più rigide, islam ed ebraismo in testa. Ne sono testimonianza due fiction di grande successo in questo momento su Netflix (la prima anche su Timvision): Skam Italia, remake di una fortunata serie norvegese per adolescenti, scritta e diretta da Ludovico Bessegato, e Unorthodox, creata da Anna Winger e Alexa Karolinski sulla base dell’autobiografia di Deborah Feldman.
Skam Italia, giunta alla quarta stagione, è una serie anche piuttosto discutibile per come racconta il mondo dei giovani alle soglie della maturità e che, manco a dirlo, piace moltissimo proprio ai giovani. Protagonisti sono alcuni ragazzi, maschi e femmine, di un liceo romano. Nelle loro giornate praticano sesso con disinvoltura, non disdegnano gli spinelli e tanto meno l’alcol, sono incerti sui sentimenti e hanno rapporti complicati con i genitori (le poche volte che compaiono). In questo contesto, al terzo episodio della prima serie, compare Sana, una ragazza italiana di seconda generazione, musulmana praticante, che porta il velo, ma vive la sua giovinezza come le coetanee. È capace di dire parolacce, persino di essere cattiva con le compagne di scuola antipatiche. Va alle feste con gli amici, anche se si allontana di nascosto per le preghiere quotidiane. Va al mare, ma solo con il burqini che la copre da capo a piedi. Per di più, a differenza di tutti gli altri, non ammette il sesso prima del matrimonio e ha pure un bel rapporto con la madre.
Unorthodox è una miniserie in quattro puntate ambientata tra Berlino e New York, nel quartiere Williamsburg di Brooklyn, dove vive la comunità chassidica Satmar, composta da ebrei ortodossi di origine ungherese e rumena discendenti dai sopravvissuti alla Shoah trasferitisi negli Stati Uniti al termine della guerra. Da questo microcosmo chiuso e isolato dalla società, che parla la lingua yiddish, scappa e si rifugia nella capitale tedesca la diciannovenne Esther Shapiro, detta Etsy, dopo appeno un anno di matrimonio combinato con un giovane hassidico, ottuso quanto ingenuo. È lei, con la sua ribellione, la protagonista della storia. Il mondo che si lascia alle spalle, segnato dal profondo tradizionalismo, ha però un suo fascino. I rituali, i balli, l’abbigliamento, lo shtreimel (il grande copricapo in pelliccia), ipayot (i boccoli), anche per come sono rappresentati, colpiscono il telespettatore.
Ancora più affascinante è il personaggio di Sana in Skam Italia il cui peso specifico aumenta progressivamente fino a diventare di fatto protagonista della quarta stagione. Attraverso di lei scopriamo che ci può essere un modo diverso di affrontare la vita, anche se non è sempre o quasi mai capito dagli altri. Insomma, Sana è una figura che esercita un certo fascino proprio per la sua rigidità, la sua adesione alle regole, anche se umanamente e socialmente ha difficoltà a conciliare l’esuberanza giovanile con i precetti del Corano, a trovare un equilibrio tra la sua cultura d’origine e quella dei suoi compagni di scuola. Basti pensare che Beatrice Bruschi, l’interprete della ragazza musulmana, risulta al primo posto tra le attrici di tendenza nel mondo tv a livello globale. Un successo condiviso, anche se non allo stesso livello, da Shira Haas, la minuta Esther di Unorthodox.
In entrambe le serie, che – al di là delle riserve espresse su alcuni contenuti – sono scritte, girate e interpretate molte bene, c’è un aspetto evidente che è la critica al tradizionalismo religioso, ma ce n’è di contro uno molto meno evidente, soprattutto inUnorthodox, ed è proprio il fascino, il più delle volte inavvertito, che le religioni severe possono esercitare, anche a scapito del cristianesimo, che non sempre riscontra l’interesse delle grandi produzioni seriali internazionali.