Scuole chiuse: ma di quale scuola abbiamo bisogno?

 Dal mese di marzo di quest’anno le scuole italiane sono state chiuse a causa della “pandemia”,  poi da subito dopo la riapertura di settembre, che speravamo fosse un segnale di ottimismo e di ripresa della vita in genere ed in particolare della vita scolastica, siamo sprofondati nuovamente, anche se non totalmente, in una nuova chiusura.

In questi momenti difficili, abbiamo compreso il valore e la necessità della scuola per i nostri ragazzi, come forse avevamo un po’ perso di vista da molti anni, abituati a vivere in una società che apparentemente sembrava non avere limiti e tendeva a dare tutto per scontato.

I rapporti tra studenti e insegnanti e insegnanti e famiglie erano sempre più orientati ad ottenere prestazioni e risultati, anche se spesso finalizzati ad autosoddisfazioni.

Piano piano si era smarrito il senso dell’autorevolezza della istituzione scolastica e del vero significato della educazione, favorendo sempre più il valore dell’istruzione.

Al massimo l’educazione era ridotta a senso civico e l’educazione con la “E” maiuscola, ridotta a pura accademia filosofica, ritenuta dai più inutile.

Siamo stati costretti a ripensare l’importanza della scuola e cosa ci perdiamo quando ne dobbiamo fare a meno.

Non solo per i disagi delle famiglie; ma perché si comincia a intuire che sta venendo meno qualcosa che è un bene per la crescita dei nostri figli.

Le circostanze, anche le più dolorose, sono sempre state occasione per crescere e anche oggi siamo da esse invitati a cogliere l’occasione per capire, cosa che emerge con evidenza nell’esperienza quotidiana, che l’educazione” dei ragazzi è il fondamento più concreto su cui si costruisce la crescita delle persone e la convivenza civile, solida, in tutti i suoi aspetti.

Compito, questo, essenziale delle famiglie a cui la scuola si affianca concretamente.

In questi mesi ci si è preoccupati, forse anche poco, come avremmo potuto fare, sul come fare scuola, dalla didattica a distanza, ai banchi, alla sicurezza, spazi di informatizzazione, servizi, nuove tecnologie, formazione dei docenti per raggiungere i nuovi obiettivi, tutte cose urgenti e necessarie, ma perderemmo anche questa occasione che la realtà ci offre, se pensassimo, come spesso siamo portati a pensare, che tutto questo sia sufficiente. Basti!

Sono queste le basi fondamentali per ripartire?

Per ripartire occorre domandarsi non come fare, ma perché fare scuola. Quel perché che non ci domandiamo, andando diritti verso una consuetudine, un dato di fatto: “si deve fare”!

La realtà non si costruisce solo con uno sforzo fisico e materiale, ci vogliono uomini che usano il cuore e la testa.

La scuola è fatta di uomini adulti che hanno qualcosa da comunicare alle nuove generazioni, attraverso l’insegnamento.

I docenti sono questi uomini.

Uomini che insegnando le loro discipline, anche le più tecniche, aprono a domande e scoperte che da sempre si agitano, talvolta in modo non esplicito, nel cuore di ogni uomo, giovane o adulto che sia.

La scuola si fa per questo. E per chi si fa, se non per i figli, nipoti, giovani di oggi insomma, che hanno un bisogno incredibile di avere davanti degli adulti che li sanno guardare negli occhi, intercettare le loro domande, riconoscere e stimare le loro diversità e aiutarli nel loro cammino di conoscenza, e nei loro affetti. Di uomini che vogliano loro bene nel senso vero e che facciano loro capire che sono più preziosi di” tutti gli uccelli del cielo”

I ragazzi di oggi hanno bisogno di adulti che in forza della loro esperienza, vivano ed abbiano un’ipotesi positiva sulle cose e una speranza di bene per loro e per la loro vita, che gli consenta di scoprire che esiste un significato buono di ciò che ci è dato di vivere. Senza significato è tutto “senza senso”.

I ragazzi hanno bisogno di incontrare uomini capaci di generare fascino e stima reciproca che alimenti in loro il desiderio di scoprire, di conoscere, di studiare e imparare.

Altrimenti la scuola è solo dovere, difficile da digerire.

Ecco, ci manca questa scuola. Ci manca questo luogo di vita non soffocata dal fare, ma affascinante e desiderato, perché luogo di presenze da guardare, da ammirare, perché hanno a cuore tutto della vita.

*Presidente Fondazione San Carlo Borromeo