Diocesi
Ringraziare il Signore col canto
L’incontro di chiusura dei Cooperatori Paolini presso la Parrocchia San Ferdinando è stato all’insegna del ringraziamento per un anno che finalmente ha visto la possibilità di ritrovarsi a pregare insieme e a poter organizzare e partecipare ad iniziative diocesane e parrocchiali, dopo il lungo periodo del Covid che aveva costretto ad un isolamento forzato.Padre Silvestro Bejan ha introdotto la riflessione a partire dalla lettura del Salmo 144 che possiamo considerarlo come un brano con molte variazioni musicali. È ricco di melodie e ha degli elementi di meravigliosa azione di grazia, altri di supplica quasi drammatica e ha dei momenti al singolare e altri al plurale. Nel complesso è molto adatto alla nostra vita attuale con i suoi alti e bassi: gioia e tristezza, fiducia e delusione. È come una piccola liturgia della parola strutturata in cinque tempi.
Ci troviamo nel tempio del Re che è il soggetto del salmo e che parla in prima persona pregando davanti al popolo. Il Re fa la sua preghiera pubblica, la gente acclama il sacerdote conclude. Il primo tempo ci presenta il clima bellico come nelle guerre di oggi e il Re intona un’azione di grazie esprimendo la certezza che Dio lo ha aiutato, lo aiuta e lo aiuterà nella battaglia. Il re non ha nessun testo scritto tra le mani; sta facendo una preghiera spontanea con un sentimento di fiducia e di entusiasmo che comunica al popolo attraverso varie immagini di guerra: lo scudo, la fortezza, l’assoggettamento dei popoli e pur trattandosi di un clima di battaglia, egli effonde la lode e la riconoscenza perché Dio è santo. Il secondo tempo esprime la sensazione che prova il Re che chiede umilmente aiuto al Signore affinché lanci le sue frecce e disperda i nemici. Nel terzo tempo il Re riprende fiato ed ecco di nuovo il sentimento di gratitudine perché è certo della vittoria.
Nel quarto tempo il salmo dà voce alla gente: il popolo canta sperando e auspicando vittoria e pace cioè lo Shalom le cui caratteristiche umane sono descritte con cura. Il quinto tempo conclude la preghiera dando voce al sacerdote che benedice il popolo dell’Alleanza: “ beato il popolo che possiede questi beni popolo di cui Dio è il Signore”.Ma il versetto che dice: “mio Dio ti canterò un canto nuovo suonerò per te sull’arpa a dieci corde” esprime lo scopo fondamentale dell’incontro di chiusura di questo anno Paolino che consiste nell’esercitarsi a ringraziare il Signore per gli anni di vita vissuti finora e riscoprire la gioia di vivere; ringraziare sembra facile ma ringraziare dal profondo dell’essere non è affatto ovvio. Il salmo presenta i verbi cantare e suonare , già presenti in altri salmi perché il tema del canto, del suono, della musica, della danza e dell’uso degli strumenti è frequentissimo; ma come cantare con tutti i problemi di ogni giorno? Il salmista ci invita alla scoperta della nostra anima canora e gioiosa. il nostro essere deve vibrare,suonare, danzare ed esprimersi di fronte a Dio. C’è un canto interiore, ci sono le corde del cuore che vibrano nella preghiera, nella carità, nel servizio; si può cantare intimamente lavando, stirando, cuocendo, faticando, piangendo.
Perché viene proposta l’arpa a 10 corde? Nella Bibbia il numero 10 è considerato un numero di completezza e perfezione per indicare cose più terrene; infatti è composto dal 4 che è il numero della creazione fisica e dal 6 il numero dell’uomo. E secondo questa interpretazione, il 10 rappresenta la testimonianza, la legge, la responsabilità e la completezza dell’ordine. In Genesi 1, troviamo la frase “Dio disse” 10 volte che è una testimonianza della sua potenza creatrice. Dio ha dato i 10 comandamenti all’uomo. Dieci rappresenta dunque la responsabilità dell’uomo di osservare i comandamenti. La decima è un decimo del nostro guadagno ed è una testimonianza della nostra fede nel Signore. L’agnello pasquale è stato scelto il giorno 10 del primo mese, come Gesù, l’Agnello che toglie peccati del mondo. Il giorno 10 del settimo mese è anche il giorno santo conosciuto come giorno dell’Espiazione; questo giorno unico di digiuno immagina la rimozione di Satana, l’autore del peccato prima che inizi il millenario regno messianico. Dieci le piaghe d’Egitto. Dieci i lebbrosi guariti da Gesù che avrebbero dovuto tutti ringraziare e 10 sono le vergini della parabola di Gesù.
Come abbiamo visto,essendo questo il numero della completezza anche noi dobbiamo cantare e ringraziare con tutto il nostro essere per tutta la nostra esistenza e non solo con quelle che a noi conviene ma con tutte. Tutti gli anni, tutti gli eventi che abbiamo vissuto e tutto ciò che siamo, devono risuonare in un canto di lode e se troveremo che alcune corde sono stonate cercheremo con la grazia dello Spirito di accordarle. È chiaro che con il passare del tempo lodiamo Dio per certe cose e non per altre che cominciano a pesarci ad affaticarci a spingerci al lamento. E invece è necessario che l’arpa sia bene intonata che vibri gioiosamente nella consapevolezza che basta solo una corda a rendere sgradevole il suono. Il segreto della vita non sta nel divertimento immediato ma nella gioia e nel canto armonioso segno che i rapporti con Dio, con il marito e la moglie, con il lavoro in cui siamo impegnati sono a posto. Esercitarsi a ringraziare implica anche il riconciliarsi con le sofferenze e le prove e significa comprendere che tutto è accaduto per il disegno d’amore di Dio nei nostri riguardi e che tutto è per farci crescere nella conformazione a Cristo Gesù crocifisso e risorto.
Per riuscire in questo compito dobbiamo fortificarci nella fede e comprendere che se nella prima parte della nostra vita tutto viene tenuto sotto controllo (o almeno così si crede….) a poco a poco ci si rende conto che Dio ha piani diversi dai nostri e che noi stessi non siamo quello che pretenderemmo di essere.L’altro aspetto è quello di provare la povertà radicale e comprendere la immeritata bontà di Dio. È quindi necessario accettare i limiti personali come il Re del salmo 144 ormai riconosciuti e affidarsi a Qualcuno che è illimitato e che ci offre quella sicurezza che da soli non troviamo. Come è possibile fare un salto verso l’illimitato, verso Dio, accettare i propri limiti senza illudersi e senza aver paura? È solo la grazia proveniente da Dio che ce lo consente e San Paolo dice ai Filippesi: “tutto posso in Colui che mi dà la forza”; si tratta di fidarsi della gratuità di Dio. Se dunque riusciamo ad essere accettati, ad accettare gli altri, a lasciarci modellare dalle mani di Dio e dal soffio dello Spirito, a riconciliarci nel perdono e nella riparazione assumendo un atteggiamento contemplativo, con la capacità di stupirsi e di godere e di essere fedeli gioiosi nell’attesa, ecco che riusciremo a cantare e a suonare un canto nuovo!
Al termine dell’incontro e della celebrazione eucaristica nel salone parrocchiale si è tenuta una cena conviviale. Infine alle ore 21 nella bellissima chiesa barocca è stato offerto dal trio composto dai due flauti: Ana Maria Alexandrescu e Stella D’Armento e dal violoncellista Emilio Pischedda un raffinato concerto di dialoghi classici e barocchi con musiche sacre di Haydn e Bach.