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Rincomincia la scuola, ecco le sfide del Governo
Vuole «cambiare l’Italia», a partire dalla scuola e ha già la scrivania «piena di questioni da affrontare: dai precari alla legge di bilancio ». Ed è pronto a dimettersi se, entro Natale, non si troveranno almeno «due miliardi per la scuola e uno per l’università ». È partito di slancio, il nuovo ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, consapevole che sono davvero tanti i nodi da sciogliere in un settore, quello dell’istruzione, a cui, per la verità, il programma di governo giallo-rosso non dedica che poche righe.
In particolare, al punto 22: «Occorre tutelare – si legge – i beni comuni, a partire dalla scuola pubblica ». L’auspicio è che l’aggettivo “pubblica” sia inteso nel senso che ad esso viene dato dalla legge 62 del 2000. Cioè della funzione “pubblica” della scuola, sia essa statale che paritaria. Se così non fosse, si farebbe torto ad una “gamba” importante dell’unico sistema nazionale di istruzione, quella della scuola non statale, che è formata da poco meno di 13mila scuole e quasi 900mila alunni. Il cambio di governo può rappresentare anche la grande opportunità di realizzare un vero mutamento di passo, anche in un settore abbastanza refrattario ai cambiamenti, come la scuola. E di motivi ce ne sono milioni, tanti quanti gli italiani che non hanno avuto un esito felice del proprio percorso scolastico.
I “numeri” li ha messi in fila la rivista specializzata Tuttoscuola, in un dossier a beneficio del decisore politico: il 39% degli italiani nella fascia d’età tra i 25 e i 64 anni non possiede un titolo di studio superiore alla terza media; il 30% è analfabeta funzionale, il doppio della media europea; in terza media, il 35% degli alunni, stando ai dati Invalsi, non è in grado di comprendere un testo in italiano; anche alle superiori, un alunno su tre ha problemi con l’italiano. C’è poi l’enorme buco nero della dispersione scolastica, in cui finisce più del 20% degli alunni.
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