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Più spazio all’immaginazione
Il nostro futuro sono i bambini, ma per garantire una migliore crescita collettiva c’è ancora molto da fare. Soprattutto sul fronte della povertà educativa. Se n’è parlato nel corso del convegno organizzato dal Centro studi Erickson “0-6 Facciamo la differenza!” che si è tenuto il 15 e 16 marzo a Trento. Secondo gli esperti le competenze cognitive, socio-emozionali e motorie per crescere e vivere si formano in gran parte nel periodo che va dalla nascita all’entrata a scuola. Nidi, servizi integrativi e scuole dell’infanzia giocano un ruolo decisivo nello sviluppo dei bambini e delle bambine, con benefici che si manifestano nell’arco della vita intera.
Ma i primi anni di vita sono anche quelli in cui emergono le disuguaglianze, determinate prevalentemente dalla condizione socio-economica dei genitori.
Le bambine e i bambini che frequentano il nido hanno più spesso entrambi i genitori occupati, con un maggior livello di istruzione e con un reddito più alto rispetto ai coetanei che non lo frequentano. A fronte di questo contesto, nel 2017 è stato istituito in Italia il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai 6 anni, con l’obiettivo di superare disuguaglianze e barriere garantendo pari opportunità di sviluppo in un ambiente professionalmente qualificato. Nonostante questo importante passo avanti non mancano forti criticità: i dati più recenti (2021/2022) mostrano come i posti a disposizione nei servizi per la prima infanzia siano 28 ogni 100 minori, molto lontani dall’obiettivo europeo del 45% da raggiungere entro il 2030. Significativi anche i divari territoriali: a fronte di un Centro-Italia e di un Nord-Est con una copertura dei posti dei bambini e delle bambine pari al 36,7% e al 36,2%, il Sud e le Isole si fermano ancora rispettivamente al 16 % e 16,6%.
«Il sistema integrato prevede una relazione tra agenzie educative che operano in sinergia arricchendosi e completandosi a vicenda, con la famiglia e il territorio, per offrire ai bambini nei primi duemila giorni di vita un’educazione e un’istruzione di qualità – ha detto Stefania Bigi, pedagogista della Direzione generale per gli Ordinamenti scolastici del ministero dell’Istruzione e del Merito -. In questo modo si dà una risposta strategica alle sfide sociali, culturali ed economiche del nostro tempo, uno strumento di prevenzione e contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica».
Un approccio che merita di essere attuato pienamente perché, dicono medici e psicologi, assicura al cittadino abilità cognitive, competenze linguistiche e logico-matematiche, migliore sviluppo fisico e motorio, capacità di problem solving, competenze relazionali e sociali e resilienza. Ma si traduce anche in un investimento per la comunità dal momento che contribuisce a ottenere stipendi più alti e un elevato grado culturale con maggiori entrate per lo Stato, professioni più soddisfacenti, stili di vita più salutari, con minor rischio di dipendenze e crimini, meno assistenza sociale, fenomeni di esclusione ed emarginazione sociale.
Moira Sannipoli, docente di pedagogia dell’Università di Perugia, ha spiegato che i bambini conoscono il mondo attraverso la percezione, la relazione e l’azione. «La corporeità e la sensorialità sono per loro un importante veicolo di comunicazione e di conoscenza – ha sottolineato -. Il loro modo di vedere e rapportarsi al mondo è fortemente colorato dai vissuti emotivi e da tensioni che si avviano a padroneggiare. L’adulto ha un ruolo importante nell’aiutarli a riconoscere le proprie emozioni al fine di sostenere l’autoregolazione. I bambini manifestano un’intensa attività fantastica connessa alla rappresentazione del mondo, dei propri desideri e sentimenti. Occorre dare ampio spazio all’immaginazione, al possibile, al pensiero divergente, lasciando anche il tempo per l’ozio, generatore di idee creative».
Alberto Oliveiro, professore emerito di psicobiologia presso l’Università La Sapienza di Roma, ha ricordato che per fare esperienze significative è necessaria un’attenzione selettiva. «La labilità dell’attenzione di un lattante o di un bambino piccolo è legata soprattutto all’immaturità della corteccia prefrontale che ha il compito di reprimere gli stimoli irrilevanti e di conseguenza di consentire e sostenere l’attenzione – ha detto l’esperto -. Anche nei bambini più grandi l’attenzione è di breve durata. Un bambino di 6-7 anni comincia a distrarsi dopo appena 15 minuti». (continua a leggere https://www.avvenire.it/famiglia/pagine/basta-bombardamenti-web-per-i-bambini-ci-vuole-lentezza)