Diocesi
Piccoli semi si senape in un tempo di dolore
Presso la sala della Banca di Credito Cooperativo di Castagneto Carducci si sono ritrovate molte donne di fedi e Religioni diverse per dialogare con serenità e franchezza su un argomento molto trascurato dalle cronache e dai media quale quello del dolore e della sofferenza del mondo femminile sia per essere credenti sia durante le guerre.
Questo incontro è stato organizzato dall’Amicizia Ebraico Cristiana di Livorno “Miranda Schinasi”, in collaborazione con ADEI WIZO Associazione donne Ebree d’Italia, e le rispettive Presidenti Caterina Meucci e Carla Guastalla nel saluto ai presenti, hanno concordemente sottolineato come in questi ultimi mesi dilaniati da guerre, morti e sofferenze a partire dall’efferato massacro del 7 ottobre, le donne sono l’anello più debole e quelle che hanno subito maggiori sofferenze fisiche e psichiche.
Il Presidente della filiale della Banca ospitante ha espresso come con ferma volontà ha voluto offrire la sala affinché potesse aver luogo un confronto su questo tragico e delicato tema.
Aisha Valeria Lazzarini della Comunità Religiosa Islamica COREIS, ha subito preso la parola, ringraziando per aver organizzato questo momento di confronto e ha sottolineato come sia molto difficile per i momenti che stiamo vivendo, non far prevalere l’odio e la partigianeria che nulla hanno a che vedere con le Religioni, così pure nel presentare l’argomento femminile come vittima si rischia di disconoscere la dignità della donna. “In questo periodo il Diavolo è il grande divisore che impedisce ai credenti di diverse Religioni di fare taras, ossia di fare unione insieme e di aspirare ad una elevazione interiore.” Le donne credenti non possono essere indifferenti ai tragici eventi che ha partire dal 7 Ottbore sfigurano l’Islam. Dobbiamo tra credenti ebrei, cristiani e musulmani fare taras di fronte alle ondate di antisemitismo e islamofobia. Aisha stessa come musulmana, insieme ad altre donne, ha subito in questo periodo una persecuzione psicologica in odium fidei per la posizionedi condanna riguardo la posizione sul 7 ottobre: “Come non essere uniti, al di là delle forme, a fratelli e sorelle che soffrono, ed essere uniti nella verità”. Oggi si può dire che essere credenti non è più di moda, quasi che la fede sia una debolezza della persona e dagli altri viene vista come desiderio di identità e con arroganza ci si sente autorizzati ad intervenire e a giudicare. Anche l’OSCAD, l’osservatorio delle discriminazioni rileva come in internet si sviluppa a livello esponenziale l’odio anche verso i musulmani; infine come non ricordare la persecuzione dei musulmani in Cina.
La professoressa Enrica Talà teologa cattolica, direttrice del Centro Studi don Roberto Angeli, socia dell’AEC-Schinasi per dare seguito a quella amicizia di cui don Angeli ha dato testimonianza, fin dagli inizi degli studi ha improntato un indirizzo teologico a partire dalle vittime in special modo donne: “Nessuno ne parla ma non c’è niente di più crudo e doloroso, nella storia delle donne, della violenza gratuita, efferata, indimenticabile, spesso inenarrabile, che esse hanno subìto nel corso di guerre e occupazioni in ogni epoca. E che esse subiscono ora: nessuna guerra vale le lacrime di una madre”. Sottolineando il silenzio assordante di questi mesi, ha rivolto un pensiero alle donne ebree e israeliane vittime del 7 ottobre di Hamas di cui non si è spesa una parola in più di un gelido racconto di cronaca in un silenzio imbarazzante; un pensiero alle donne di Gaza, alle donne ucraine e russe, alle donne islamiche, alle donne dell’Afganistan, dell’Iran, della Libia, alle donne africane e del sud del mondo, a tutte le donne delle 59 guerre ora in corso. Un pensiero alle loro famiglie, ai loro bambini, vittime di guerra in egual misura: le cifre sono da capogiro, ma non se ne parla.
Il corpo della donna è trincea, campo di battaglia, conquista, bottino, ricompensa e la violenza su di esso viene agita per colpire il nemico, fiaccare ogni resistenza. L’arma dello stupro è vecchia quanto la guerra, dall’antica Grecia ad oggi è fatta dello stesso odio, della stessa brutalità, dell’irrispettosa e sacrilega disumanità. Riguarda donne di ogni fronte e appartenenza, anche religiosa, nonostante che mezzo secolo fa, le Convenzioni di Ginevra avessero messo fuori legge lo stupro in guerra.
“Le donne saranno protette in maniera particolare […] dallo stupro, dalla costrizione a prostituirsi o da qualunque forma di assalto indecente” ma nonostante le norme internazionali vietino lo stupro ad opera dei combattenti, in ogni conflitto dei nostri tempi le donne continuano a subire questa forma di violenza. Vengono stuprate perché i loro corpi sono considerati “legittimo bottino” di guerra. Nel contesto delle guerre etniche e religiose, tuttavia, la violenza sessuale assume un nuovo, spaventoso significato. Se in passato stupro e prostituzione forzata servivano essenzialmente ai soldati al fronte per soddisfare i loro bisogni sessuali, oggi essi costituiscono una delle armi di cui i combattenti dispongono per annientare l’etnia nemica. Talvolta le violenze sessuali fanno parte di un disegno di abusi e intimidazioni e sono utilizzate dai combattenti come strumento per seminare terrore nelle zone conquistate e per costringere le popolazioni civili a fuggire. Le donne vengono pertanto violentate, massacrate e abusate allo scopo di umiliare gli uomini della nazionalità delle vittime. E molte di esse sono bambine. L’umiliazione è spesso resa più grave dal fatto che l’atto avviene di fronte al villaggio, sotto gli occhi dei nemici sconfitti, sbandierate sui social e così il maschile impera e vince due volte.
Di fronte a tutto questo con la consulenza scientifica della Università Cattolica c’è la petizione al Parlamento Europeo affinché vi siano più donne nei processi di pace e costruzione della sicurezza. “Bisogna avviare un percorso di coscientizzazione, di perdono e riconciliazione. Il femminile è disponibile al superamento dei conflitti: la giornata di oggi ne è un esempio”.
Nel Talmud abbiamo un’espressione che è un monito e progetto di vita: “Sta’ attento ai tuoi pensieri, perché diventano parole. Sta’ attento alle tue parole, perché diventano azioni. Sta’ attento alle tue azioni, perché diventano abitudini. Sta’ attento alle tue abitudini, perché diventano il tuo carattere. Sta’ attento al tuo carattere, perché diventa il tuo destino”. Il grande Rabbino livornese Elia Benamozegh in consonanza con l’espressione del profeta Zaccaria: “in quel giorno il suo nome sarà uno, non più molteplice e diversissimo (Zc14,19) nella Teologia dogmatica ed apologetica scriveva: “in molti luoghi della Scrittura, Dio appare come riconosciuto ed adorato ovunque, speranza di tutte le estremità della terra e dei mari più lontani”. Vede nelle molte forme in cui appare la divinita’ una manifestazione della sua infinita ricchezza espressiva.
La professoressa chiude la propria riflessione invitando ad una teologia a partire dalle vittime e a condividere e farsi compagna delle attese di pace e di dignità riconosciuta. “Dunque vicinanza, condivisione, impegno: dobbiamo fissare lo sguardo oltre ogni confine, facendosi carico della nostalgia dell’altro che è in ogni cuore e che è respiro profondo di ogni cosa”.
E’ proseguito uno scambio di riflessioni e testimonianze molto sereno tra i presenti che ha aiutato a confrontarsi e a riaffermare che solo il dialogo tra persone di fede autentica può ricostituire la taras. Solo così si può tenere lontano Satana, il divisore che semina odio e guerre.