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Pianeta scuola
Si arricchisce di voci il dibattito sull’obbligo scolastico dai 3 ai 18 anni, proposto dal segretario del Partito democratico, Enrico Letta, al Meeting di Rimini e nella discussione entra anche la Federazione italiana scuole materne (Fism), che rappresenta novemila realtà educative frequentate da mezzo milione di bambini, con una nota tecnica del responsabile nazionale per le questioni giuridiche, Stefano Giordano, inviata alle forze politiche impegnate nella campagna elettorale. «Prima dell’obbligatorietà viene la gratuità del servizio», sostiene la nota della Fism, che distingue i due segmenti, quello dello 0-3 (asili nido) e l’ambito 3-6 anni, di cui fanno parte le scuole materne paritarie facenti parte dell’unico sistema nazionale d’istruzione.
Per quel che riguarda i nidi, puntualizza Giordano, «la linea di finanziamento del Pnrr risponde (con i tempi che saranno necessari) alla domanda di nuovi edifici pubblici anche se non alle loro spese di gestione » (queste ultime potranno essere coperte attingendo agli incrementi riservati ai fondi di solidarietà comunali), mentre per le scuole dell’infanzia il discorso cambia. Con un’evidente penalizzazione per le famiglie che iscrivono i figli alle materne paritarie non comunali.
«Nell’ambito 3-6 il sistema di finanziamento attuale prevede la gratuità per l’offerta pubblica in capo allo Stato e ai Comuni ma non per quella delle scuole paritarie – ricorda la Fism –. Dunque, un terzo delle famiglie non dispone della gratuità riservata alle altre», continua Giordano. Indicando il punto che determina il corto circuito della proposta di obbligatorietà per la scuola d’infanzia. E continua: «Il sistema deve prima di tutto prevedere la gratuità dell’accesso per tutte le famiglie. A quel punto non si porrà nemmeno la questione della obbligatorietà », considerando «i tassi di frequenza oltre la soglia del 90%» dei «territori che dispongono di avanzati sistemi (integrati) di offerta educativa e di istruzione».
Non estendere la gratuità del servizio a tutte le tipologie di scuola, invece, significherebbeaccettare la «scommessa folle» di investire soltanto sull’offerta statale, «mettendo da parte quella espressione di profonda e ricca sussidiarietà che le scuole d’infanzia paritarie non profit hanno rappresentano e continuano a testimoniare». Una storia che va riconosciuta e sostenuta attraverso il superamento del concetto di «costo storico» del servizio per passare al «fabbisogno standard». Una soluzione che, secondo la Fism, permetterebbe di «superare il forte divario Nord-Sud e centro-periferia», realizzando un «sistema di accoglienza dei minori che non avrebbe pari in Europa», conclude Giordano. Alle forze politiche si è rivolta direttamente anche la Fidae, la Federazione delle scuole paritarie, che ha chiuso ieri a Castellammare di Stabia e a Napoli i lavori del Consiglio nazionale. L’assise annuale della federazione si è concentrata sulla valutazione dell’anno che si è chiuso ma soprattutto sulla programmazione dell’anno scolastico 2022-2023 che si dovrà sviluppare su tre pilastri: patti territoriali, percorsi di educazione alla pace e percorsi di educazione alla cura del creato, al rispetto della vita e alla sostenibilità.
«Oggi abbiamo una responsabilità molto grande e parlo di tutta la scuola, perché i ragazzi hanno bisogno di essere accompagnati, senza però avere la presunzione di sostituirci a loro – ha sottolineato la presidente nazionale Virginia Kaladich, chiudendo la quattro giorni di incontri e dibattiti –. Per questo chiediamo anche ai politici, a chi si appresta a governare, dove vogliono mettere i giovani, quale spazio vogliono riservargli perché si tratta del futuro del nostro Paese».
Il Consiglio nazionale della Fidae ha approvato e diffuso il nuovo Manifesto intitolato “Rivestiti di Speranza educhiamo a immaginare nuovi futuri” che, partendo dall’ultimo rapporto Unesco, vuole rilanciare e riscoprire l’esperienza di «esplorare orizzonti che conducono al bene, al bello, al buono».