Perché un milione e mezzo di giovani non fanno notizia?

Perché un milione e mezzo di giovani non fanno notizia? Se lo chiede Vincenzo Corrado, responsabile della Comunicazione della CEI (leggi l’articolo Il milione e mezzo della Gmg. La notizia silenziata di una comunità viva (avvenire.it)), me lo sono chiesto anch’io che, nel piccolo di una tv regionale toscana, ho ritenuto giusto dare spazio e adeguata visibilità ai ragazzi della gmg. Convinto com’ero (e lo sono anche oggi) che anche l’informazione locale dovesse “coprire” quell’evento.

Per almeno tre ragioni giornalistiche obiettive: era un fatto di straordinaria importanza mediatica, era un raduno “controcorrente” rispetto a quanto sentiamo e raccontiamo ogni giorno nelle nostre cronache, aveva tutte le caratteristiche per rispondere ad alcune domande sui giovani di oggi che pure, con puntuale smarrimento, ci poniamo in articoli e servizi. Inoltre per chi, come noi, opera in un orizzonte più limitato (la Toscana, appunto) le giornate di Lisbona hanno avuto un significato ulteriore. Erano infatti un evento davvero g-local. Nel senso che era globale, certamente, però aveva anche una forte caratterizzazione locale. Cioè quei giovani non erano una categoria astratta, ma erano quelli della porta accanto, della parrocchia di casa. Ecco perche tutta l’informazione (nazionale e locale) avrebbe dovuto ribaltare l’agenda. Con uno sforzo di comprensione in più (perché tutti questi vanno a Lisbona?) e con un minimo di presunzione in meno (no, non sono i ‘soliti’ cattolici da sacrestia). D’altronde però, come disse con amarezza papa Francesco ai giornalisti cattolici nel 2019, fa più notizia una piccola variazione di borsa che un senzatetto che muore per il freddo…

Mentre scrivo queste poche righe mi trovo in Spagna, dove la notizia probabilmente è arrivata con più forza. Tanto che la stima delle presenze della vigilia alla fine è stata abbondantemente superata grazie all’afflusso (non del tutto previsto) di moltissimi spagnoli e portoghesi dell’ultimo minuto. Erano i più vicini naturalmente. Ma anche quelli che più hanno percepito quello che stava accadendo.

Dove sta allora il problema in Italia? Nei media ‘laici’ certo. Vogliono forse rimuovere le domande di senso che la gmg ha posto con forza? Vogliono ridurre tutti questi giovani al silenzio? Vogliono marginalizzare chi prega e riflette insieme al Papa? Può anche darsi che la risposta a tutte queste domande sia affermativa. È molto più comodo restare ‘in superficie’, evitare temi che per qualcuno sono scomodi. Ma io aggiungo un’altra considerazione, che chiama in causa anche le nostre responsabilità. Nei giornali e nelle tv, almeno quelli principali, mancano spesso i ‘nostri’ giornalisti. Non i ‘partigiani della fede’, ci mancherebbe. Piuttosto quelli ben formati all’etica del giornalismo e con una giusta sensibilità ai temi religiosi. Quelli bravi professionalmente che testimoniano anche in ruoli di responsabilità, quelli che alla ‘ragion di stato’ antepongono (come dovrebbe essere) la verità alla notiziabilità. Quelli che sanno raccontare, senza retorica e con il distacco opportuno, accadimenti di questa portata. A volte questi giornalisti ci sono anche in redazione, ma preferiscono adagiarsi sul ‘così fan tutti’.

Un’ultima riflessione riguarda, anche nel nostro mondo, la voglia di cercare scorciatoie. Mettere in evidenza il lato curioso di un fatto solo per attrarre l’attenzione. Può funzionare subito, ma alla lunga provoca l’effetto sbagliato di relegare in secondo piano il valore vero e oggettivo di una notizia. Una notizia che un algoritmo qualunque (o un programma di intelligenza artificiale) non avrebbero esitato in quei giorni a mettere in cima ad ogni telegiornale. E questo davvero e il paradosso di Lisbona 2023!

*Giornalista professionista – Granducato TV

leggi l’articolo di Vincenzo Corrado Il milione e mezzo della Gmg. La notizia silenziata di una comunità viva (avvenire.it)