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«Perché o casti o superficiali?». La sessualità spiegata ai ragazzi
Educare all’affettività e alla sessualità al tempo del web. Compito tanto difficoltoso quanto inutile, sostiene chi pensa che tanto, in rete, i ragazzi dispongano di ogni tipo di informazione possibile. No, replica chi invece è convinto che senza lo sforzo di trovare un senso profondo a quegli “oggetti” meravigliosi ma non sempre facili da maneggiare che sono cuore e corpo, sia impossibile arrivare a un rapporto sereno con sé stessi e con gli altri. E che, dalla qualità delle relazioni affettive, discenda anche uno sguardo più maturo sulla fede, se è vero che il trascendente non è mai disincarnato ma sempre strettamente connesso alle nostre esperienze, soprattutto quelle più coinvolgenti e più intime. Ecco perché, quando si parla di educazione all’affettività e alla sessualità la Chiesa non può dire “non mi riguarda”. Del resto lo spiegano in modo esplicito sia il Documento finale del Sinodo sui giovani, sia la Christus vivit che sottolinea l’importanza di «educare la propria sessualità, in modo che sia sempre meno uno strumento per usare gli altri e sempre più una capacità di donarsi pienamente a una persona in modo esclusivo e generoso» (Ch.v265).
Per dare seguito a queste sollecitazioni, circa 200 giovani formatori di Azione Cattolica si ritrovano da oggi a domenica a Morlupo, alle porte di Roma, nella Casa dei padri rogazionisti, per un confronto con un gruppo di esperti. “A cuore scalzo” non è un convegno formale, ma un dialogo diretto. A ciascuno degli specialisti sono state inviate alcune domande. E avranno un solo un quarto d’ora ciascuno per rispondere. «Anche per noi è stata una sfida e l’occasione di un ripasso tutt’altro che semplice», scherzano ma non troppo la psicologa Roberta Carta e il marito Diego Buratta, responsabile della cooperativa “Pepita” che si occupa di servizi educativi.
Perché, quando tra le domande dei giovani ci sono temi come la difficoltà di trasmettere la visione cristiana della sessualità oppure le ragioni che devono motivare la necessità di non “bruciare i tempi” per avere il primo rapporto, anche i terapeuti più navigati sono chiamati a misurare le parole con attenzione. «Dobbiamo accompagnarli a vivere una sessualità che non sia solo il richiamo a una regola astratta. Conoscere sé stessi, dare senso alle proprie decisioni, aprirsi a relazioni serene ed equilibrate è più importante di un generico richiamo alla morale, anche perché rischiamo di rifugiarci in un linguaggio normativo che i giovani non comprendono più», osserva Roberta Carta.
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