Perché i cattolici faticano a rispondere alle sfide culturali?

«Molta morale, poca comunità, zero cultura»: è questa la sintesi dell’impietosa analisi del cattolicesimo italiano compiuta nei giorni scorsi su Avvenire dal teologo Pierangelo Sequeri. Un intervento lucidissimo che dovrebbe aprire un dibattito sulla scarsa attenzione verso la cultura da parte della Chiesa.

Eppure la necessità di una presenza, senza pensare a formule ormai superate o a schieramenti monolitici, è stata rimarcata anche dal cardinale Zuppi in una recente intervista a Civiltà cattolica. Il presidente della Cei ha rilevato come, nonostante «certe pregiudiziali negative», in generale vi sia «una buona disponibiltà al confronto e al dialogo da parte di molti». Ed è certamente vero: si pensi ai passi avanti compiuti negli ultimi decenni per quanto riguarda il dialogo fra credenti e non credenti. Ma Zuppi ha anche onestamente ammesso come oggi l’apporto dei cattolici al mondo della cultura, per quanto «prezioso», faccia «molta fatica a trovare delle modalità espressive», anche a causa di «una certa timidezza davanti ad atteggiamenti a volte aggressivi di una certa cultura dominante». E infine ha invitato a mettere in campo «quella fantasia creativa che sa superare muri e steccati».

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