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Onu: nel Mediterraneo stragi, catture e omissioni di soccorso
Almeno 1.146 persone sono morte nel tentativo di raggiungere l’Europa via mare nei primi sei mesi del 2021. L’ultimo aggiornamento dell’agenzia Onu per i migranti (Oim) conferma quello che è sotto gli occhi di tutti. Il sistema di cattura dei migranti in mare produce più stragi e non garantisce il minimo rispetto dei diritti umani. Per quello che Papa Francesco, appena un mese fa ha definito “il più grande cimitero d’Europa”.
Un dato su tutti. Nel 2020 i morti nello stesso periodo sono stati 513. Quest’anno sono più del doppio, nonostante le partenze siano aumentate del 58%. In altri termini, la probabilità di morire in mare, soprattutto a causa dei mancati soccorsi, è più alta che mai.
“L’Oim ribadisce l’appello agli Stati affinché prendano misure urgenti e proattive per ridurre la perdita di vite umane sulle rotte migratorie marittime verso l’Europa e sostenere i loro obblighi di diritto internazionale”, afferma il direttore generale António Vitorino. La misura più urgente è “aumentare gli sforzi di ricerca e salvataggio (Sar), stabilire meccanismi di sbarco prevedibili e garantire l’accesso a percorsi migratori sicuri e legali”.
L’analisi dei dati, realizzata dal Missing Migrants Project presso il Global Migration Data Analysis Centre (Gmdac) dell’Oim, “mostra un aumento dei decessi unito a insufficienti operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo e sulla rotta atlantica verso le isole Canarie, e in un momento in cui anche le intercettazioni al largo delle coste nordafricane sono in aumento”, si legge.
Almeno 741 persone sono morte sulla rotta del Mediterraneo centrale, mentre 149 hanno perso la vita attraversando il Mediterraneo occidentale e 6 sono morte sulla rotta del Mediterraneo orientale, dalla Turchia alla Grecia.
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