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Niente di nuovo sul fronte occidentale
Forte della vittoria di 7 Premi Bafta in Inghilterra, “Niente di nuovo sul fronte occidentale” (“Im Westen nichts Neues”) guarda ai Premi Oscar con non poche aspettative: corre infatti per 9 statuette, tra cui miglior film, sceneggiatura non originale, film straniero, fotografia e montaggio. Scritto e diretto magnificamente dal tedesco Edward Berger, classe 1970, “Niente di nuovo sul fronte occidentale” è il terzo adattamento cinematografico del romanzo Erich Maria Remarque del 1928, il racconto della tragedia umana durante la Grande guerra, del sacrificio di giovani mandati allo sbando a combattere con la promessa di un conflitto lampo, tramutatosi poi in una guerra stanziale brutale e disumana. La storia. Germania, nella primavera del 1917 quattro studenti appena diciottenni – Paul (Felix Kammerer), Albert, Franz e Ludwig – firmano per l’arruolamento volontario. Vengono spediti al fronte, sul confine occidentale, a combattere l’armata francese. L’entusiasmo patriottico e il cameratismo giocoso affievoliscono quasi subito tra trincee e fango.
Diciotto mesi dopo, nel novembre 2018, a un passo dall’armistizio, ben poco rimarrà della loro gioventù… Atroce e bruciante, ma non ricattatorio a livello emotivo, “Niente di nuovo sul fronte occidentale” mostra la guerra in tutta la sua brutalità, senza orpelli o filtri, cercando il racconto verità, un realismo macabro ma necessario. Non si possono, infatti, fare sconti alla guerra, dissimularne ferocia e disumanità, proprio perché il suo racconto tiepido spesso ha ingannato migliaia di giovani, che mossi da alti ideali e da “facile impeto” si sono immersi in un incubo senza ritorno. Berger apre l’obiettivo della camera sull’orrore, e sembra farlo quasi con una mission educativa: occorre mostrare il vero volto della guerra, non solo della Grande guerra, bensì di ogni guerra, compresa quella attuale che lambisce l’Europa. Una trincea dove la brutalità del Male ha sempre la meglio, dove la vita, i sogni di gioventù, evaporano come neve al sole. Il tratto più “disturbante” dell’opera di Berger risiede proprio nel mostrare l’assurdo dispendio di vite, di vite giovani, per logiche viziate dal Male, dalle decisioni di pochi ai danni di molti.
Efficace e raggelante, da questo punto di vista, è il “montaggio alternato” che il regista mette in campo tra sequenze di conflitto al fronte, con giovani impantanati tra sangue e fango nelle trincee, e l’andamento dei negoziati, disseminati da parole gravide di piccoli egoismi, pronunciate in confortevoli vagoni di treno mangiando brioche. È la distanza siderale tra gli scacchisti della guerra e i “martiri” inconsapevoli al fronte. Una situazione che si ripete, ieri come oggi. Berger ha firmato probabilmente il film della vita, quello che cambia il corso della carriera. Un film intenso, ruvido, a tratti respingente, che però si muove sul binario della giusta causa, un lucido e vibrante grido di protesta davanti alle inaccettabili logiche belliche. È davvero il film dell’anno, da Oscar? La risposta è incerta, perché dinanzi a opere del genere ci si sente sempre un po’ in difficoltà, condizionati dal peso di un racconto imponente e doveroso. “Niente di nuovo sul fronte occidentale” non introduce di certo un punto di vista “inedito” del conflitto sul grande schermo, ma la sua forza risiede in una narrazione compatta, lucida e scomodamente realistica, che focalizza il sogno infranto, disperso, di una gioventù cui è stato sottratto il futuro.
Un film di impianto storico che si erge come manifesto contro ogni conflitto. Un’opera di grande impatto, da non trascurare. Complesso, problematico, per dibattiti.