Migranti

«Mi sento un cardinale mediterraneo». Ha il volto sorridente Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia. E ha ragione a dirsi mediterraneo: non solo perché guida la Chiesa che ruota intorno alla più araba metropoli d’Europa e a una delle capitali del meticciato, ma anche perché la sua storia personale è tutta legata al grande mare. Nato 64 anni fa in Algeria, è stato anche lui un profugo con la sua famiglia, costretta a lasciare il Paese nordafricano dopo la proclamazione d’indipendenza. Poi il liceo a Marsiglia; gli studi teologici e l’università a Parigi; quindi prete, vescovo e adesso cardinale (per volontà di papa Francesco) nella città che lo ha accolto. Qui ha voluto dare seguito ai due “G20” ecclesiali del Mediterraneo promossi dalla Cei in Italia. E da domenica sono iniziati “Gli incontri del Mediterraneo”, una settimana di dialogo che ha per titolo “Mosaico di speranza”. «Se a Bari nel 2020 si erano riuniti per la prima volta i vescovi del bacino e se a Firenze si erano incontrati, con i vescovi, anche i sindaci di una sessantina di città del Mediterraneo in omaggio a Giorgio La Pira – racconta il cardinale Aveline ad Avvenire –, a Marsiglia abbiamo scelto di invitare studenti e giovani professionisti provenienti da tutta l’area, di tutte le nazionalità e religioni, che stanno lavorando con i vescovi. Sono ragazzi israeliani e palestinesi, greci e turchi, algerini e marocchini. Con loro anche alcuni migranti che prendono parte alle discussioni. I vescovi sono una settantina in totale, della maggior parte dei Paesi rivieraschi. Occorre fare di questo mare un messaggio di speranza per tutti».

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