migranti

“Sarei contento se qualcuno mi venisse a salvare se stessi annegando in mare? Sì, sarei contento”. L’ex pm di Mani Pulite Gherardo Colombo si è posto questa “semplice domanda” e la sua risposta è stata accettare la presidenza onoraria dell’Associazione ResQ – People Saving People che comincerà le attività di soccorso e salvataggio delle persone in difficoltà in mare. L’iniziativa, nata a Milano da un gruppo di professionisti e presentata stamani con una conferenza stampa online, sarà finanziata attraverso una raccolta fondi pubblica su web (crowdfunding).

Mai, nella storia, si sono contate così tante vittime nella rotta migratoria tra Africa e Europa. Gli SOS di chi naufraga si perdono tra le onde, e la gente muore. E’ questa considerazione che sta all’origine dell’associazione, da pochi giorni anche Onlus, nata da un amici professionisti che, con il chiaro obiettivo di “restare umani”, hanno deciso di rompere il muro dell’indifferenza.

IL MANIFESTO DI ResQ People Saving People

Il progetto vuole assicurare la presenza nel Mediterraneo centrale di una nuova nave al 100% italiana per soccorrere i naufraghi, e testimoniare quanto accade, nel rispetto dei principi umanitari non negoziabili di Imparzialità, Neutralità, Umanità e Indipendenza. “La bandiera italiana – affermano – sarà ancora una volta emblema di accoglienza, riparo, salvezza, in onore della nostra splendida Costituzione”.

Il progetto prevede principalmente due attività: una in mare e una in terra entrambe in prima linea. L’attività in mare sarà condotta da un team di professionisti e volontari che presteranno soccorso e raccoglieranno le testimonianze di quanto accade a poche miglia dalle nostre coste. “Questo sarà possibile grazie a una nave di circa 40 metri con dieci persone di equipaggio per il funzionamento, e 9 tra medici e infermieri, soccorritori, mediatori giornalisti e fotografi. Due gommoni veloci invece, assicureranno gli avvicinamenti alle imbarcazioni in difficoltà e il salvataggio dei passeggeri”.

L’attività a terra consisterà invece “nell’informare l’opinione pubblica attraverso i media, le scuole e gli incontri pubblici per creare una società più consapevole, rispettosa dei diritti umani e accogliente”.

L’acquisto e l’allestimento di una nave per attività di Search and Rescue, e il suo finanziamento per un anno, costano 2,1 milioni di euro. La cifra minima per avviare il progetto è di un milione di euro, ovvero il costo e la preparazione della nave, l’allestimento e il funzionamento per i primi 3 mesi. “Si tratta di una cifra importante, che sarà raccolta attraverso donazioni sul sito www.resq.it e campagne di crowdfunding”.

Ad oggi, spiega il presidente Luciano Scalettari, inviato di Famiglia Cristiana, “ResQ conta 130 associati. Contiamo di diventare 1.000 prima della fine dell’estate. L’imbarco dei mille sarà lo slogan di questa campagna associativa dedicata a tutti gli italiani che non vogliono più rimanere a guardare di fronte a queste inutili stragi. Sappiamo che quello che ci proponiamo di fare è un’impresa complessa, difficile. Ma da quando è nata l’associazione, giorno dopo giorno, abbiamo trovato e continuiamo a trovare sempre nuovi compagni di strada: volti noti e persone comuni, ingegneri, studenti, magistrati, pensionati, giornalisti, scrittori, operatori umanitari, persone di religioni diverse mosse tutta dal valore fondamentale del diritto alla vita”.

Soci e sostenitori a titolo personale sono volti noti e gente comune, sacerdoti come don Colmegna e padre Zanotelli, sindacalisti, intellettuali e giuristi come Alberto Guariso e Fulvio Vassallo e Gianfranco Cattai, presidente della Focsiv, ed altri esponenti delle associazioni. Il progetto è stato presentato alla Cei e alla Chiesa valdese.

Anche il presidente della Fnsi (Federazione nazionale della Stampa italiana) Beppe Giulietti e l’Associazione Articolo21 sono a fianco del progetto “poiché troppi giornalisti sono stati minacciati, o sono sotto scorta per le loro inchieste sulla Libia (è il caso di Nello Scavo di Avvenire, ndr), a testimonianza evidente che i migranti sono vittime di affari loschi. E’ quindi un dovere essere solidali con chi salva i naufraghi, e con chi dà risalto alle inchieste giornalistiche che svelano il business criminale”.