Diocesi
Maria è la profezia
La celebrazione dell'8 settembre a Montenero
Il maltempo ha impedito a molti fedeli di raggiungere Montenero, per iniziare insieme l’anno pastorale 2024/25. La Messa presieduta dal vescovo Simone è stata celebrata all’interno del Santuario. Le parole di mons. Giusti hanno ricordato la bellezza e la forza di Maria, nuova Eva attesa dalla storia, benedetta da Dio con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. Ecco le sue parole pronunciate nell’omelia. Le foto sono di Antonluca Moschetti.
In lui e in vista della sua incarnazione, scelta prima della creazione del mondo per essere santa e immacolata di fronte a lui nella carità (cfr. Ef 1,1), Maria quando nacque fu come la stella del nuovo mattino, l’aurora del giorno nuovo, senza tramonto. Ella è la profezia della Chiesa. In lei è il bello, il saggio e il buono della maternità. In lei il culmine dell’umanità. Scrive san Luigi Grignion de Montfort: «Dio Padre ha radunato tutte le acque e le ha chiamate mare, ha radunato tutte le grazie e le ha chiamate Maria».
Con sapiente intuizione, nella festa della sua Natività, la Chiesa fa ascoltare come brano evangelico la pagina della genealogia di Gesù secondo Matteo, dove con ritmo continuo i nomi si susseguono ai nomi, le generazioni alle generazioni: «Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò…» (Mt 1,1-17), finché ci si ferma al Nome che è al di sopra di tutti i nomi: Gesù chiamato Cristo.
Questa scelta liturgica ci offre un’indicazione precisa, che indirizza la nostra ricerca nella direzione giusta, facendoci entrare nella dimensione mistica della storia sacra.
Parlando della lettura della Parola di Dio, sant’Ambrogio esorta i fedeli a leggerla avidamente, a leggerla integralmente dalla Genesi all’Apocalisse, Antico e Nuovo Testamento, perché in ogni pagina si trova Cristo: «Bevi dunque tutti e due i calici, dell’Antico e del Nuovo Testamento, perché in entrambi bevi Cristo. Bevi Cristo che è la fontana della vita; bevi Cristo che è la pace».
Non diversamente, percorrendo le pagine sacre, di generazione in generazione, troviamo anche Maria, dalla quale è nato il Cristo. Attraverso altre figure della Bibbia la vediamo venirci incontro velatamente, silenziosamente, finché, come per Gesù, anche per lei giunge il tempo stabilito della sua concreta cooperazione all’opera della salvezza.
Maria è dunque la Donna preparata da lontano e ancor prima preparata nell’alto, nel pensiero di Dio che l’ha scelta e designata quale “nuova Eva”, vera Madre dei viventi, madre nell’ordine della grazia. Là dove Eva con la sua disobbedienza aveva reciso in radice la comunione tra Dio e l’umanità, Maria con il suo sì diviene canale di grazia per gli uomini e per l’intero creato. Dio, che aveva creato per amore, di fronte alla tragedia del peccato e della morte, di fronte alla corruzione della sua creazione, non si rassegnò, ma rivelò ancor più pienamente se stesso, si rivelò onnipotente nell’amore: si rivelò come il Misericordioso.[1] «Non basta dire: Dio è Amore, Dio ha amato il mondo; bisogna aggiungere: Dio è Misericordia, Dio ha amato un mondo colpevole. Non figli ma ribelli, ma ingrati, ma perduti ha amato. E’ quelli più lontani e più miseri, quelli più avversi e più cattivi, quelli ha amato. È stato un amore salvatore. La misericordia, essa sola, è capace di ricuperare il bene perduto, di ripagare nel bene il male compiuto e di generare nuove forze di giustizia e di santità.»[2]
Maria la donna della profezia, rende i ragazzi di Fatima profeti.
Di santi, veggenti, testimoni della verità, ma pur sempre bambini parliamo. Come tutti gli altri. Con i graffi sulle ginocchia, gli occhi che si colorano di stupore, la voglia e insieme il timore di crescere. I pastorelli canonizzati dal Papa a Fatima sono un inno alla sapienza del cuore umile, un dono di misericordia, una pagina vissuta del Vangelo dei piccoli.
Ma quanta fatica per scriverla.
Nel breve respiro della loro esistenza, Francesco e Giacinta hanno dovuto superare prove molto difficili. A cominciare, ed è forse l’esame più duro, dall’incredulità di chi ti vive accanto, dall’ironia dei grandi e dei saggi, compreso chi “per mestiere” si occupa ogni giorno delle cose di Dio.
Il profeta fatica a essere accolto e ascoltato.
Non c’è da meravigliarsene troppo, perché quella divina è una logica che sovverte le regole del pensare comune, ti spinge controcorrente, “va alla rovescia”. Insegna che è grande chi si umilia, che per trovare amore devi donarlo, che la vera ricchezza consiste nell’offrire tutto. Ci vuole coraggio per capirlo, e l’entusiasmo di chi sa ancora sognare, serve la “santa incoscienza” dei piccoli. Questi è il profeta.
I bimbi profeti di Fatima ci dicono che il cielo è vicino, che siamo chiamati alla luce, che abbiamo una Madre. Scegliendo, per manifestarsi, dei pastorelli poveri e ignoranti, Maria “spiega” la logica del Vangelo. Sottolinea che, nel vocabolario di Dio potere significa “servizio”, successo fa rima con umiltà, essere grandi vuol dire consapevolezza di non potercela fare da soli. L’hanno capito benissimo Giacinta e Francesco, piccoli di età ma giganti agli occhi del Signore. Forti della granitica semplicità della loro fede bambina, cui la Madonna indica la strada che porta alla vita nuova, una via fatta anche di rinunce, morte a se stessi, sofferenza. Eppure Francesco e Giacinta rimangono bambini, con la preoccupazione di non vedere più i propri cari, con il santo dolore per i peccati.
Il profeta è umile.
È la lezione dell’umiltà, che oggi impariamo dai questi piccoli. Perché i bambini lo sanno, sanno l’importanza di stare con gli altri, sanno la forza di una carezza, sanno che il pane condiviso ha più sapore. Soprattutto sanno l’importanza di avere accanto una madre, quella terrena e la Vergine che a Fatima ci indica la strada della santità semplice, umile, possibile a tutti. La via maestra per arrivare al Signore.
Noi tutti per il dono del Battesimo, siamo costituiti per Grazia popolo profetico, dobbiamo quindi vivere la profezia come Maria, come Giacinto, Francesca e Lucia.
Sono i Santi, i profeti della Chiesa.
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[1] Liberamente ripreso da uno scritto di Anna Maria Canopi.
[2] Paolo VI, Inedito apparso postumo su “L’Osservatore romano”, 23 settembre 2016.