Maria

Il film di Pablo Larrain

Settembre 1977, Maria Callas si è ritirata dalle scene. Vive nel suo appartamento di Parigi avvolta dalle cure dei suoi collaboratori Ferruccio e Bruna. Sono giorni di tormento, che la diva cerca di attenuare con l’aiuto dei farmaci. I numerosi successi sul palcoscenico la tengono in vita, la spronano a sognare di tornare ancora una volta a cantare in pubblico. Nel mentre, si concede a una lunga intervista in cui lascia affiorare lampi di carriera, parentesi familiari ad Atene e pagine di amore tormentato con l’armatore Aristotele Onassis…

Valutazione Pastorale della Commissione CEI

Il regista cileno Pablo Larraín ha presentato all’81ma Mostra del Cinema della Biennale di Venezia (2024), il suo terzo ritratto femminile dedicato a una donna celebre e iconica del XX secolo, segnata però da una storia tragica, tra solitudine e scontro con il mondo mediatico. Dopo le sofisticate istantanee dedicate a Jackie Kennedy e Diana Spencer – “Jackie” (2016), “Spencer” (2021) -, arriva “Maria” sulla diva della lirica Maria Callas. Non un biopic piano e convenzionale, ma un ritratto della diva sulla soglia della morte, stanca e sola, che riavvolge il nastro dei ricordi e delle emozioni di un’intera vita, compresi i traumi che ne hanno segnato il percorso. A firmare il copione è la penna di talento britannica Steven Knight (suoi “La promessa dell’assassino”, “Locke” e “Spencer”). Interprete su cui poggia la struttura narrativa è la Premio Oscar Angelina Jolie, che con questo film prova a riprendersi la scena a Hollywood. A completare il cast Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher nei panni dei fidati collaboratori della Callas, Ferruccio e Bruna.
La storia. Settembre 1977, Maria Callas si è ritirata dalle scene. Vive nel suo appartamento di Parigi avvolta dalle cure dei suoi collaboratori Ferruccio e Bruna. Sono giorni di tormento, che la diva cerca di attenuare con l’aiuto dei farmaci. I numerosi successi sul palcoscenico la tengono in vita, la spronano a sognare di tornare ancora una volta a cantare in pubblico. Nel mentre, si concede a una lunga intervista in cui lascia affiorare lampi di carriera, parentesi familiari ad Atene e pagine di amore tormentato con l’armatore Aristotele Onassis…
“Maria Callas – ha dichiarato il regista – [è] la più grande cantante lirica di tutti i tempi (…). Questa è la storia dei suoi ultimi giorni, una celebrazione raccontata attraverso i ricordi e gli amici, e soprattutto attraverso il suo canto”. Del film di Larraín colpiscono anzitutto la costruzione narrativa, che poggia sulla valida sceneggiatura di Steven Knight: scandagliando umori, fantasmi e fragilità della Callas nell’ultimo valzer prima della morte, fa riaffiorare dal passato memorie e ricordi come suggestioni oniriche. Memorie spesso giocate in uno splendido bianco e nero. La regia di Larraín gira come sempre solida e avvolgente, forte anche di una chiara esperienza in questa tipologia di racconti biografici segnati da originalità, introspezione e raffinatezza. Angelina Jolie veste gli abiti della Callas con grande attenzione e rispetto, provando a uscire dal perimetro della facile mimesi fisica per spingersi ad abitare stati d’animo lividi e dolenti di una creatura luminosa assediata da troppe ombre e angosce. La Jolie descrive l’affanno interiore della Callas e al contempo lascia librare il suo straordinario talento artistico.
Infine, sotto il profilo stilistico è da lodare la scelta del regista di concedere ampio spazio alla componente musicale, alle varie arie interpretate dalla soprano. E anche se tutto nel film non sempre procede in maniera fluida o convincente, si coglie con chiarezza il desiderio di fondo di rendere omaggio a una grande artista che si è spenta troppo presto, in un bozzolo di solitudine. Consigliabile, problematico-poetico, per dibattiti.