L’intervista

Ansia, angoscia. Ma anche fiducia nelle “armi potentissime” della preghiera e del digiuno, la consapevolezza della forza della fede, la speranza che non viene meno neppure di fronte all’orrore. Inutile dire che per monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca, sono ore di grandissima inquietudine, in cui al “pastore” viene chiesto un surplus di coraggio, per sostenere una comunità sconcertata, che rischia di sbandare. «Il clima – spiega – è di preoccupazione e anche angoscia per il destino della gente, dei popoli, della stessa pace». Una boccata di ossigeno è venuta venerdì scorso dal Papa, dalla sua visita, fuori protocollo, all’ambasciata russa presso la Santa Sede, per esprimere, anche fisicamente, la ferma richiesta che le armi lascino spazio al linguaggio della diplomazia e alla ricerca di una conciliazione, certamente difficile, ma sempre possibile. «Un bel segno – commenta monsignor Pezzi che dal 2007 guida la Chiesa diocesana moscovita intitolata alla Madre di Dio, distribuita su un territorio grande sette volte l’Italia –. Il Papa è capace di questi gesti ed anche di farsi ascoltare. Per cui realmente questi passi diplomatici sono sempre i benvenuti: ogni passo che possa scongiurare un peggioramento di una situazione che è già di conflitto, va visto positivamente».

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