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Linee guida Cei
Dalla parte delle vittime e per la prevenzione. In modo chiaro e concreto, con assoluta determinazione, senza titubanze. Nella consapevolezza che «qualsiasi abuso sui fanciulli e sui più vulnerabili», ancor prima che un delitto «è un peccato gravissimo», specie «se coinvolge coloro ai quali è affidata in modo particolare la cura dei più piccoli». Lo scrivono i vescovi italiani nella premessa alle “Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili” appena pubblicate (il testo completo è disponibile sul sito della Chiesa cattolica italiana). Si tratta del documento approvato dall’ultima Assemblea generale della Cei (20-23 maggio) e che vincola «tutti coloro che operano all’interno delle comunità ecclesiali in Italia» nonché gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica» qualora non dispongano di proprie linee e «compatibilmente al diritto proprio e alla normativa canonica».
Tutta la comunità coinvolta
Misure che, così come evidenziato sin dall’indice, vanno inserite in alcuni, fondamentali principi guida. Indicazioni che a livello, per così dire, più ampio, sottolineano l’importanza del rinnovamento ecclesiale nel senso che «tutta la comunità è coinvolta nella risposta alla piaga degli abusi» perché anche «il prendersi cura dei più piccoli» la riguarda per intero. Di qui l’esigenza di una maggiore responsabilizzazione, da cui dipende un più attento discernimento nella scelta e formazione degli operatori pastorali e di quanti «in modi diversi hanno contatto con i minori». Così come la richiesta di una sapiente prudenza nei criteri di «ammissione al cammino formativo e alla professione religiosa di seminaristi e candidati alla vita presbiterale e consacrata».
Denunciare, obbligo morale
L’incontro mondiale anti abusi svoltosi a febbraio in Vaticano
Punto di riferimento imprescindibile resta comunque sempre «la cura e la protezione dei minori e delle persone vulnerabili», che alla voce “abusi” evidenzia come primo passo «l’ascolto delle vittime e la loro presa in carico, favorendo una cultura della prevenzione, la formazione e informazione di tutta la comunità ecclesiale» così come «la creazione di ambienti sicuri per i più piccoli, l’attuazione di procedure e buone prassi, la vigilanza e quella limpidezza nell’agire, che sola costruisce e rinnova la fiducia». Un’attenzione da «tradurre» poi «nella disponibilità evangelica a prendersi cura delle vittime, ad accompagnarle e supportarle in un percorso di riconciliazione, guarigione interiore e pace». Cammino questo che va di pari passo con la ricerca della verità e il ristabilimento della giustizia, nel rigoroso rispetto delle procedure canoniche e in collaborazione con la società e le autorità civili. Significa che «non può essere tollerato nessun clima di complice e omertoso silenzio» ma che anzi chiunque abbia notizia della presunta commissione in ambito ecclesiale di abusi sessuali è chiamato a segnalarla alla competente autorità ecclesiastica. Quest’ultima «benché non abbia l’obbligo giuridico di denuncia all’autorità giudiziaria (in quanto non riveste la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio), ogniqualvolta riceva una segnalazione» deve informare «l’autore della segnalazione e il genitore o il tutore legale della presunta vittima che quanto appreso potrà essere trasmesso, in forma di esposto, alla competente autorità giudiziaria dello Stato». A tal fine sarà chiesto al denunciante di «formalizzare per iscritto la “notitia criminis” perché in presenza di reato perseguibile per la legge dello Stato, possa costituire la base dell’esposto all’autorità giudiziaria». L’autorità ecclesiastica ha infatti «l’obbligo morale di procedere all’inoltro dell’esposto all’autorità civile qualora, dopo il sollecito espletamento dell’indagine previa, sia accertata la sussistenza del “fumus delicti”».
Informare in modo corretto
Il summit vaticano per la tutela dei minori
Una ricerca rigorosa della verità, ovviamente, che non può prescindere neppure da una corretta informazione «che sappia evitare strumentalizzazioni e parzialità». Come già sottolineato infatti le Linee guida della Cei, che comprendono una premessa in nove punti, tredici capitoli di indicazioni operative e alcuni allegati, coinvolgono l’intera comunità ecclesiale. Chiamata anche a dotarsi di Servizi e strumenti che a vario livello «senza sostituirsi agli ordinari nelle loro responsabilità» li supportino «attraverso competenze e professionalità educative, mediche, psicologiche, canonistiche, giuridiche, pastorali e comunicative». Il tutto, sempre, nel quadro di un’attenzione privilegiata alle vittime e al rafforzamento della cultura della prevenzione. L’obiettivo, infatti, è uno solo: smettere di parlare di abusi. Perché non se ne commettono più.