Diocesi
L’incontro di formazione per gli insegnanti di religione cattolica
Gli insegnanti di religione (Irc) della Diocesi di Livorno si sono ritrovati presso la Sala Fagioli in Vescovado per il secondo incontro di formazione. Il titolo del convegno è: la Divina Comedia secondo le dimensioni culturali del tempo di Dante. I relatori sono due insegnati di lettere. Il Prof. Dario Caturegli, già insegnante al Liceo scientifico di Pontedera e oggi docente al Liceo scientifico dell’istituto paritario Arcivescovile Santa Caterina di Pisa e il Prof. Gianluca Recalcati, coordinatore didattico dell’Istituto europeo Marcello Candia di Seregno in provincia di Monza.
Il Prof. Pierluigi Giovannetti, Direttore dell’Ufficio scuola della Diocesi, introducendo l’incontro ha chiesto al Prof Caturegli, tenendo conto del libro del Vescovo Simone Osare l’oltre e attraverso le provocazioni e gli spunti del viaggio di Dante nella Divina Commedia, come si può realizzare un progetto educativo utile agli Irc.
Il prof Caturegli ha sottolineato che il progetto educativo è l’unico modo per fare maturare le persone. Un progetto deve avere degli obiettivi, deve avere una verifica e soprattutto nel progetto occorre incontrate “il sangue e la carne” delle persone altrimenti non serve.
Caturegli inizia la sua esposizione, strutturata in dieci punti, partendo dalla morte e dalla rimozione di quest’ultima. Partendo dalla morte possiamo dare senso alla vita. La morte è considerata un tabù nella cultura occidentale contemporanea e non se ne parla apertamente. Dal punto di vista religioso la cultura europea è diventata sempre più secolarizzata e molte persone non hanno più una visione condivisa della morte. Nei 100 canti di Dante il viaggio è un percorso dopo la morte. I personaggi che il poeta incontra sono scomparsi, anche se li tiene ancora in vita. Il cammino di Dante ha lo scopo di vedere Dio per gustarsi la bellezza suprema dell’incontro con Lui. La morte ci fa scoprire che esiste anche una morte spirituale. Questa implica lo smarrimento anche della ragione dovuta al peccato. Un altro tratto della morte spirituale è l’uccisione della volontà: non si ha più fiducia in se stessi, negli altri e nella grazia. Un ulteriore elemento, come inizialmente pensava Dante, è quello di salvarsi da solo, di salire nel Purgatorio da solo. Fortuna che c’è Virgilo che accompagna Dante inviato da Beatrice, da Santa Lucia e dalla Vergine. Da qui comincia il percorso in compagnia non in solitario.
Uno dei punti importanti della relazione di Caturegli è il concetto di libertà. Il cammino di Dante è un percorso di conversione attraversato all’inizio da un momento di ripensamento. Questa riflessione è dovuta alla pigrizia, alla paura, per timore di impegnarsi in maniera seria e irrevocabile. Aspetti che nel processo di maturazione ci riguardano. Dante non ha altre strade: andare avanti oppure tornare indietro. All’inizio della seconda cantica Dante incontra Catone, un suicida, ma salvato per un intervento particolare della grazia. L’importanza di Catone è la persona che aspira alla libertà. Quando si comincia un cammino di maturazione, decisone, coraggio, non sono accettabili la pusillanimità, la falsa umiltà ma diventa determinate la libertà. La libertà come adesione al reale, all’essere. Un altro punto importante nel cammino di maturazione è che non ci si salva da soli. La vera educazione è costruita insieme ad altre persone, una rete. Non si cresce da soli se non aiutati anche dalla grazia. Dante da solo, non sarebbe mai giunto al temine del cammino in Paradiso.
Nell’educazione noi insegnanti siamo preoccupati di voler dare il nostro meglio mentre il primo elemento è lo studente che riceve l’input, la formazione. Occorre avere l’attenzione al soggetto. Per educare occorre credere che si possa avere dei risultati positivi. Per questo scopo occorrono dei testimoni positivi. Nel Paradiso di Dante ci sono due personaggi positivi, due campioni: San Francesco e San Domenico. La Chiesa del sec. XIV ha bisogno di ritornare a una purezza Evangelica, a una condizione apostolica, chi meglio di San Francesco d’Assisi che sposa Madonna povertà e di San Domenico, in un tempo di eresie, che predica, senza partecipare, alla crociata contro gli Albigesi. Nella Chiesa ci sono oggi dei profeti dei testimoni che ci fanno comprendere che è possibile vivere in maniera diversa. Da San Giovanni Paolo fino a Papa Francesco sono stati proclamati 1500 santi, non superuomini ma uomini veri che aderiscono a Dio.
La meta di Dante, che è anche la nostra meta cioè di una educazione integrale, è quella di riuscire a vedere Dio. Come insegnanti bisogna nutrirci e provare a nutrire i ragazzi per capire la bellezza dell’incontro con Dio, la vera felicità. Un pellegrinaggio che deve tenere conto che al temine del viaggio come Dante ci si imbatte nella misericordia di Dio.
Il prof. Recalcati non è un dantista, dice lui, anche se Dante, gli ha fatto compagnia per tanti anni, racconta l’esperienza fatta nel commento alla Divina Commedia e nel suo ultimo libro la Commedia narrata ai ragazzi insieme al prof Franco Nembrini.
Recalcati mette in evidenza il nesso di Dante con noi, con gli uomini del nostro tempo. Dante inizia a scrivere la Divina Commedia nel 1300 un momento in cui la sua vita non andava male, è uno dei priori di Firenze. Eppure, si ritrova in “una selva oscura”. Come Dante riesce a uscire dalla “selva oscura”? Nel primo Canto quando le fiere gli impediscono si salire, gli viene incontro qualcuno, un’ombra, una presenza. Altrimenti non si muoverebbe più. Dante come si comporta di fronte a questa presenza? Chiede aiuto, urla il “miserere di me”. Virgilio chiede a Dante cosa ha bisogno in quel momento non come sia finito nella selva oscura. Andare ad indagare sul passato non serve a niente. Dante un cammino non può compierlo senza che lui faccia il passo di partire, di seguire. Il maestro, Virgilio, può servire soltanto nel momento in cui l’allievo, Dante, decide di seguire la strada proposta. Il maestro non può risolvere il problema dell’allievo al suo posto. Virgilio non spiega niente a Dante. Virgilio invece gli chiede di salire: “Perché non sali il dilettoso monte ch’è principio e cagion di tutta gioia?” Sembra una domanda ironica di fronte all’impedimento delle fiere. Virgilio domanda non perché non sappia la risposta, ma perché se non la dice Dante, quella risposta non serve. La posizione del maestro è la posizione di chi lo manda. Dopo che Dante risponde al maestro, Virgilio indica la strada che faranno per uscire dalla “selva oscura” offrendosi come guida. Tre sono gli aspetti interessanti da parte di Virgilio come figura del maestro. Il primo è la certezza che esista una strada, che esista per l’allievo una meta, un destino buono per Dante. Così vale per gli insegnanti. Pensiamo che per gli allievi non esista un destino buono ma che gli vada costruito, studiare strategie. Invece Virgilio mostra una posizione di chi è certo che un destino buono ci sia. I ragazzi, i bambini non li abbiamo fatti noi ed è un problema di chi li ha creati il fatto che ci sia un destino buono per loro. Una volta che c’è questa certezza nasce, questo è il secondo punto, una stima verso gli allievi. Quella stima che fa pensare a Virgilio che Dante ce la può fare ad affrontare il cammino anche se si mostra tanto insicuro. Virgilio gli parla come uno che può riuscire nel percorso indicando la strada. Il terzo punto è quando Virgilio nel proporre la via a Dante gli offre la sua compagnia, di intraprendere il tragitto insieme a lui. Nell’esperienza quotidiana degli insegnanti è chiesto di accettare di essere dei Virgilio ma anche dei Dante a cui è chiesto di seguire. Recalcati come insegnante ciò che lo fa essere, raramente, efficace nel suo progetto educativo con i ragazzi è lui stesso il primo ad avere bisogno di crescere. Lo studente che hai di fronte può crescere se vede me insegnante crescere. L’episodio della “selva oscura “ rischia di dire: «Io faccio come Virgilio, faccio domande, pongo una proposta». Il problema è che i ragazzi così non seguono, non ci stanno, si tirano indietro. Il primo Canto dell’Inferno è la proposta dell’inizio del viaggio. In teoria è così perché arriviamo al secondo Canto dove dovrebbe iniziare il viaggio ma il cammino non inizia. Dante in questo Canto dice di non essere ne Enea ne Paolo. Virgilio sgrida Dante e lo accusa di viltà. Virgilio continua raccontando che sono delle donne che si sono mosse per lui. Virgilio non è un eroe solitario. Virgilio fa parte di una squadra di persone che fanno il tifo per Dante e che si sono messe in moto perché desiderano il suo bene e pertanto sono pronte a sporcarsi le mani pur di sostenerlo in questo percorso. Virgilio narra che è stata Beatrice a chiamarlo e di raggiungere Dante nella selva. Un’immagine straordinaria. Beatrice è già santa, è in Paradiso, è già compiuta, lascia il Paradiso per scendere all’Inferno. Virgilio e Beatrice sono tenuti insieme solo per il destino buono di Dante. Questa è la dinamica che si può instaurare tra gli insegnanti all’interno di una scuola dove ci sono differenze: culturali, di discipline, di visione delle cose. Queste differenze possiamo elencarle tra Virgilio e Beatrice ma come loro gli insegnanti sono tenuti insieme da uno scopo comune. Lo scopo comune può diventare il centro del rapporto tra i docenti. Virgilio e Beatrice nella storia non si erano mai parlati. La prima volta è quando Beatrice si rivolge a Virgilio per chiedere di accompagnare Dante perché ha bisogno. Questa è un’indicazione, un’occasione di riflessione per gli insegnanti che non sono chiamati ad essere degli eroi solitari, ma sono chiamati ad una collegialità, ad una condivisone di uno scopo che è il bene dei ragazzi che gli sono affidati.
La caratteristica di Dante è la libertà con cui affronta i suoi temi anche quelli più spinosi. In Paradiso incontra dei nemici, nell’Inferno incontra degli amici. Il suo maestro in vita, Brunetto Latini, lo incontra nel XV Canto dell’Inferno. Ci vuole una bella libertà per collocare all’Inferno il proprio maestro a cui Dante è molto legato.
Cosa ha di interessante Dante per i nostri ragazzi? Noi adulti abbiamo una sfiducia nei loro riguardi. Occorre essere appassionati a Dante e non avere il problema di appassionare gli alunni al poeta. Le domande agli alunni sui Canti della Divina Commedia prima di tutto sono quesiti che un insegnante pone a sé stesso nella lettura del poema. Dante scrive a nostro vantaggio per vivere un po’ meglio. Si può verificare Dante sotto due aspetti: il primo, se è vero che si può vivere meglio di come normalmente viviamo cioè di come normalmente i ragazzi normalmente vivono. Dante nel descrivere la quotidianità dell’Inferno nell’aldilà sta scrivendo per noi che siamo nell’aldiquà. Ci sta dicendo che stiamo incontrando l’inferno in terra. Quindi il primo richiamo è che si può dare un giudizio ai fatti che accadono. Il secondo punto è che quel vivere meglio che Dante propone ha a che fare con un desiderio di bene, di giustizia, di spendersi perché le cose vadano meglio che hanno i ragazzi. Attraverso l’incontro con Dante si può dimostrare ai ragazzi che crescere non significa soltanto inseguire un proprio successo personale. Crescere significa fare la scoperta che c’è un compito nella vita cioè che possiamo fare del bene nella vita. Il male non ha vinto.
guarda le foto dell’incontro https://photos.app.goo.gl/aoC54t6NazN4foZe9
la registrazione integrale su https://youtu.be/hJMkt02reZs