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L’importanza dell’aiuto reciproco
In dieci giorni hanno conquistato 25.200 followers, ma non se ne vantano e non sono stressate dalla prossima ‘storia’ con cui tenerli agganciati su Instagram. Hanno molto altro a cui pensare le cinque amiche, conosciutesi quest’estate nelle corsie del-l’Istituto Nazionale Tumori di Milano, che si descrivono così nel loro profilo: «Giulietta, Ilaria, Giulia, Claudia e Federica. Età e storie di vita diverse con due cose in comune: il cancro e la voglia di vivere».
Da quando il 1° ottobre hanno provato a uscire virtualmente dall’ospedale per frequentare la piazza dei social non pensavano che tante persone (e tanti malati oncologici) avrebbero apprezzato il racconto della loro amicizia, commentando le foto simboliche sulla quotidianità «stravolta dal cancro» e anche condiviso i loro video.
Tutte immagini vere, non da fiction, montaggi autoprodotti in reparto, senza paura di nascondere ma anche senza la volontà di ostentare i momenti quotidiani della terapia contro il sarcoma. Come l’aiuto quotidiano a fermarsi reciprocamente una bandana sul capo segnato dalla chemioterapia: per le ‘Susine pelate’, come si sono allegramente definite in onore dei frutti riposti insieme sul comodino, anche quello è un gesto non banale visto che «è meglio attraversare sorridendo la bufera dentro la quale ci siamo ritrovate nel pieno della nostra vita».
E nei giorni scorsi – dopo il rilancio da parte del settimanale diocesano Vita Trentina e di altre testate nazionali – hanno deciso d’invitare questi oltre 20 mila ‘fedelissimi’ a sostenere la raccolta di fondi per finanziare la ricerca sui tumori rari mesenchimali condotta dall’Istituto milanese. «Questo diventa un obiettivo in più – ci spiega Giulia, 32 anni, trentina, educatrice di nido, due figli piccoli, che è la promotrice del gruppo insieme a Ilaria, milanese 24 anni, fresca laurea in psicologia – , non c’interessa nulla diventare delle influencer dell’oncologia, come qualcuno ci ha detto scherzando. Semmai, quello sì, dare speranza con la forza di vivere a quanti si trovano alle prese con la sofferenza. Ognuno poi può e deve viverla in modo diverso, con la libertà di non sentirsi giudicato. A proposito: dovremmo allenarci tutti ad astenersi da giudizi sommari, senza conoscere dall’interno un’esperienza».
(continua a leggere https://www.avvenire.it/attualita/pagine/nella-bufera-con-il-sorriso-la-lezione-delle-susine-pelate)