Lettera agli sposi: il commento si Giovanni Scifoni

Pubblichiamo l’intervento di Giovanni Scifoni, attore e autore teatrale, sposo e padre di tre figli, a commento della Lettera agli sposi di papa Francesco (Libreria editrice vaticana, pp. 40, euro 3), in questi giorni in libreria. Diffusa il 26 dicembre scorso, festa della Santa Famiglia, la Lettera presenta, appunto in forma epistolare, l’insegnamento che il pontefice ha più volte suggerito alle coppie di sposi come via di santificazione e di costruzione di un legame coniugale alla scuola del Vangelo. In particolare Francesco suggerisce alcuni gesti concreti per alimentare la comunione sponsale, come il ricorso alla pratica del perdono reciproco e la frequentazione delle parole “permesso, scusa, grazie” come gesti di rispetto e attenzione. Il testo della Lettera viene approfondito anche da 3 schede per gruppi di sposi curate da fratel Enzo Biemmi, esperto di catechetica e docente alla Pontificia Università Lateranense, che permettono di riflettere ulteriormente sui contenuti della Lettera tenendo come orizzonte il prossimo Incontro mondiale delle famiglie, previsto a giugno a Roma.

Quando mi è capitata sotto gli occhi la preziosa Lettera agli sposi del Papa l’ho divorata con avidità, con l’affannosa speranza con cui si attacca a una liana l’esploratore nella giungla sprofondato fino al collo dalle sabbie mobili, lentamente inghiottito dalle abitudini incancrenite, dalle ansie quotidiane, dalle emergenze della vita, dal tempo che è sempre poco, dai litigi coniugali, dalla guerra contro il telefonino dei figli… Quando metti su famiglia ti accorgi subito di una cosa: non eri pronto.

Nella nostra famiglia si litiga, parecchio, in modo forsennato, e soprattutto si litiga a volume alto. All’interno delle nostre mura domestiche vengono prodotti suoni che raramente potresti sentire altrove, le voci si ingrossano, si trasformano, le nostre corde vocali creano strani effetti sonori, corpi piuttosto piccoli di preadolescenti ancora glabri o bimbi paffutelli dagli occhi dolci e minuscole gabbie toraciche riescono a soffiare aria sufficiente a produrre suoni mostruosi, minacce di morte e di dannazione eterna. Noi genitori allora ci sentiamo in dovere di rispondere con grida altrettanto disumane, la faccia rossa, le vene del collo gonfie, e il figlio replica a sua volta con un urlo ancora maggiore, che sarà seguito dalla replica del genitore a un volume ancora più alto, e così via, in un processo di accelerazione esponenziale, come nella fissione nucleare di una centrale atomica.

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