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L’esempio cristiano
«Leggo che la gente definiva don Roberto “troppo buono”. La bontà che è amore per il prossimo non è mai troppa. Lo sanno bene tanti nostri sacerdoti che, magari invisi da alcuni perbenisti, donano la loro vita per l’altro, a cominciare da chi è vittima di quella cultura della scarto denunciata a più riprese dal Papa». Ha la voce commossa il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, quando parla di don Roberto Malgesini, il prete dei senzatetto ucciso a Como mentre portava la colazione ai dimenticati della città. La sua storia di «sacerdote tutto di un pezzo», come l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve chiama il presbitero assassinato, gli è stata raccontata dal vescovo di Como, Oscar Cantoni, che con Bassetti ha avuto un lungo colloquio telefonico durante il quale il cardinale ha espresso il cordoglio e la vicinanza di tutta la Chiesa italiana alla diocesi “ferita”.
Eminenza, anche nel nostro Paese si muore in nome del Vangelo. Che cosa ci dice l’uccisione di don Malgesini?
Don Roberto è un martire del nostro tempo. Un tempo dove regna l’apparenza, la superficialità e l’individualismo ma in cui c’è spazio anche per i figli di Dio. Per tutta la sua vita Roberto è stato il Buon Samaritano della porta accanto e ha incarnato il Vangelo senza glosse. Ha speso tutto se stesso, fino a effondere il suo sangue, per Cristo che ha visto nei “crocifissi” di oggi. Il sacrificio di don Roberto ci ricorda che la promozione umana è tutt’una con il Vangelo e che la vita va difesa, accudita, accompagnata in ogni frangente e in mezzo alle fragilità fisiche, sociali, materiali: dal concepimento alla sua naturale conclusione.
Un prete da prendere a modello?
Sicuramente. Come ce ne sono moltissimi nel nostro Paese. Alla stregua di don Roberto, non fanno rumore, non fanno notizia. Agiscono nel silenzio, nel nascondimento, come chiede Gesù. Ma sono davvero padri e fratelli, poveri fra i poveri. Attraverso l’amato prete di Como vorrei onorare tutti i sacerdoti d’Italia che prendono sulle loro spalle i malati o le famiglie, come ad esempio hanno mostrato profeticamente nella fase acuta della pandemia, ma anche i giovani o i poveri che, anche a causa del Covid, continuano ad aumentare in modo estremamente preoccupante nella Penisola. Non è il mondo a fissare lo statuto del sacerdote, secondo le concezioni sociali. Il prete è segnato dal sigillo di Cristo e vive nel servizio. Un servizio che è completamente ispirato dalla carità del Signore. Diceva il santo Curato d’Ars: «Il sacerdote dev’essere sempre pronto a rispondere ai bisogni delle anime. Egli non è per sé». Il sacerdote è per la gente. Perciò non può restare lontano dalle preoccupazioni delle persone, soprattutto di quelle più deboli. Don Roberto ci dice che ognuno di noi è chiamato a seguire Gesù senza compromessi, dando così testimonianza della bellezza di essere cristiani in maniera radicale e della “misura alta” della vocazione cristiana. Ed è dalla vittoria della fede che nasce lo scandalo del martirio. Perché, come sottolinea il Vangelo, «nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici».
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