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L’esagerazione esclude: ditelo a chi ha organizzato l’apertura dei Giochi
Accanto alle gare sportive delle Olimpiadi di Parigi qualcuno l’altra sera, alla conclusione della sorprendente cerimonia di apertura, invocava l’organizzazione di un congresso di psicologia. Obiettivo quello di scoprire quale misteriosa combinazione si fosse determinata nella mente di chi ha immaginato la discussa messa in scena lungo la Senna e in altri luoghi simbolo della ville lumière, con un intreccio che, in modo benevolo, possiamo definire paradossale. Momenti di altissima creazione artistica – per esempio il cavallo futurista al galoppo lungo il fiume – mescolati a sgradevoli e volgari cadute di stile che hanno sortito l’effetto contrario a quello desiderato. Nessuno vuole lasciare intendere che, nel mettere a punto la loro rappresentazione, registi e scenografi siano incorsi in momenti di follia. Abbiamo troppo rispetto per chi davvero si confronta con la sofferenza psichica per azzardare paragoni inopportuni, ma certamente, dopo aver seguito le lunghe, stucchevoli e ripetitive esibizioni del plotone di danzatori “non binari” o presunti tali, sul pontile della Senna, migliaia di persone si sono sentite profondamente a disagio. Se l’obiettivo della serata era quello di mostrare, insieme alla grandeur della Francia, la sua capacità di accoglienza, tolleranza, inclusione, integrazione, il fallimento è stato totale. Anzi, peggio. Perché l’esagerazione, l’oltranzismo ossessivo, la cifra scontata del macchiettismo circense non servono affatto per integrare le diversità ma piuttosto per farne oggetto di caricatura e di nuova emarginazione.
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