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Le sfide social ora sono sul cibo
Sulle sfide social – quelle che in un gergo ormai diventato immediato anche per gli adulti prendono il nome di challenge –si è parlato tanto in occasione dell’incidente di Casal Palocco dello scorso giugno. Allora si tornò a spiegare, con forza, che il rischio di perdere il filo tra il mondo virtuale e la realtà può anche uccidere, ciò che accadde al piccolo Andrea, morto stritolato tra le lamiere della smart della sua mamma dopo quell’incidente terribile.
In queste ultime ore lo spettro di un fenomeno illuminato dai media (col rischio di amplificarne la diffusione) e non ancora affrontato con l’incisività necessaria (nonostante la stretta annunciata proprio in questi giorni dall’Ue sui contenuti veicolati dagli influencer) torna però prepotentemente alla ribalta. E non solo per la vicenda delle due bambine di 12 anni che sono finite in ospedale ieri, in Sicilia, dopo aver ingerito della candeggina, che una di loro aveva addirittura portato a scuola, in una bottiglietta.
Coincidenza impossibile, secondo gli inquirenti, che hanno subito ipotizzato la possibilità che tra i più piccoli stia circolando una nuova, pericolosissima sfida veicolata proprio dai social. A tener banco ormai da giorni anche nel nostro Paese è soprattutto la moda della “Hot chip challenge”, ovvero la patatina superpiccante venduta liberamente su Internet che ha già fatto una vittima negli Stati Uniti (dove è stata ritirata dal mercato) ai primi di ottobre, un ragazzo di 14 anni morto dopo una crisi respiratoria.
I pacchetti, monoporzione ed eloquentemente a forma di bara, sono finiti in queste ore sotto la lente del Nas per volere del ministero della Salute, in seguito alla segnalazione di alcuni malori: a rendere pericoloso l’alimento sono infatti i suoi ingredienti, Carolina reaper e Trinidad scorpion, due varietà di peperoncino entrate nel Guinness dei primati come i più piccanti al mondo. Scopo della sfida, il cui hashtag conta già su 131 milioni di visualizzazioni: mangiare la patatina e resistere il più possibile senza bere acqua.
La verità, documentata dagli esperti dell’Istituto superiore di sanità in una recente ricerca condotta sugli adolescenti, è che delle 243mila challenge a cui gli studenti italiani tra gli 11 e i 17 anni hanno partecipato almeno una volta in un anno, le più diffuse sono sempre più spesso quelle legate al cibo. Intanto perché le sfide sono più facili da realizzare: il cibo si compra ovunque, liberamente, a prezzo accessibile.
«E poi le sfide che hanno il cibo come protagonista – spiega Claudia Mortali, che è prima ricercatrice del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss – sembrano meno pericolose di quelle che, tanto per fare un esempio, richiedono di buttarsi da un piano alto dentro una piscina. Magari la finalità iniziale di chi ci entra è quella di far ridere, nell’idea dei ragazzini il rischio non è così grande e si pensa di poterlo tenere sotto controllo. Tutt’al più di poter avere un disagio momentaneo». (continua a leggere https://www.avvenire.it/attualita/pagine/dentro-l-allarme-patatina-piccante-perche-le-sf-d9f2b0e4f88b4c37b66df1a2dcdcba39)