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L’Art. 11 della Costituzione
La conferenza promossa dall'Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti
Nella sala conferenze di Villa Fabbricotti, l’ANPPIA (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti) ha tenuto l’ultimo incontro dell’anno discutendo sul tema: “L’Articolo 11 della Costituzione: la pase come principio”. Il primo relatore è stato il sindacalista della CGIL, Filippo Bellandi, che ha rilevato che gli scenari di guerra tra Russia e Ucraina e tra Israele e Palestina ci ricordano aspetti che abbiamo già vissuto nello scorso secolo in una dinamica di scontri tra blocchi contrapposti. Il tema della guerra dovrebbe perciò essere centrale nel dibattito pubblico, un dibattito che non è così diffuso quanto invece dovrebbe, anche perché si è arrivati addirittura a minacciare l’uso della bomba atomica. Non c’è ancora un movimento popolare di massa a scongiurare il pericolo, prevale un senso di indifferenza mentre tutti gli Stati europei hanno intrapreso la via del riarmo. L’aumento della spesa bellica in Europa è evidente e questo avviene anche in Italia. Le spese militari, come è noto a tutti, incidono sul Pil e la spinta ad armarsi deve essere contrastata perché va a colpire gli elementi economici essenziali del nostro Stato e dei cittadini come il taglio alle spese per la Sanità e per la Scuola. Perciò, come Sindacato, diciamo che Governo e Europa devono prendere una direzione opposta a quella che stanno facendo.
Il Presidente dell’ANPPIA, Renzo Bacci, ha quindi aperto un collegamento da remoto con l’inviato speciale di guerra a Kiev, il giornalista Luciano Crenonesi, al quale ha chiesto se esiste una radice comune tra i conflitti e come svolgere una azione contraria alle guerre. Cremonesi ha risposto dicendo che ogni conflitto ha delle caratteristiche particolari come si è già verificato nella prima e nella seconda guerra mondiale. Ha ricordato che la guerra in Ucraina è iniziata già dal 2014 e che la posizione di Zelesky per porvi fine è contrastata dal fenomeno interno del “reducismo”. Dalla domanda cioè che molti si pongono: allora per che cosa abbiamo combattuto? Quindi dalla consapevolezza che “chi è morto non è morto invano”. In un certo senso -ha aggiunto- “ il prezzo” della guerra può essere giusto per i benefici che alla fine possono derivarne, in quanto “la ricostruzione” determina un volano economico. Ha anche ricordato che la popolazione europea “ha vissuto anni di pace e non capisce che fa la guerra e perché”. Bacci ha sollecitato il giornalista col dire: “il vostro compito è difficile ma potrebbe essere essenziale rendere “l’orrore della guerra” con le immagini dei morti e dei massacri. La risposta è stata quella che “esiste una censura” da parte degli stessi giornali, quindi è necessario “far vedere”, “dire e far vedere ciò che in realtà avviene”, essere pronti anche a “cambiare idea” e “raccontare senza idee preconcette”
E’ quindi intervenuto nel dibattito anche il Prof. Tommaso Greco che ha contestato anche qualche affermazione del giornalista e ha ribadito che bisogna avere la consapevolezza che “la guerra è il male assoluto” anche se essa è purtroppo sempre presente. Ha aggiunto che la costruzione dell’Unione Europea è stata uno stimolo per un “futuro di pace” e che bisogna “pensare la pace”. Ha stigmatizzato il fatto che “Putin lo abbiamo creato noi come Comunità Internazionale, che invece avrebbe dovuto avere l’obbligo “di contrastarlo”. Per una vera pace bisogna individuare “rapporti internazionali” più ampi e che la pace è “un percorso” che parte dall’individuo per arrivare al proprio Stato e poi all’Europa”. Il Prof. Greco ha auspicato anche la nascita di “Corpi civili di pace” e la possibilità di creare “forze di interposizione”. E’ necessario sempre partire dallo “spirito” dell’Articolo 11 della nostra Costituzione: cioè “partire dalla pace e mettere in atto strumenti di pace”. Agire dunque tenendo fermo il principio della pace, seminando idee, costruendo ponti, attraverso percorsi che sono senz’altro lunghi.