La Sala Professori

Germania, oggi. La giovane Carla Nowak è un’insegnante di scuola al primo incarico. Crede nel dialogo, nella fiducia verso i suoi piccoli allievi e nei nobili compiti dell’istituzione. Quando in classe si verificano dei furti di denaro e tra i sospettati finisce un suo allievo, Carla decide di indagare. I suoi buoni propositi però attivano una serie di conseguenze inaspettate, per lo più sconfortanti…

Valutazione Pastorale

Dopo “Perfect Days”, “Il ragazzo e l’airone” e “Past Lives”, la Lucky Red porta al cinema nei primi mesi del 2024 un altro titolo di grande forza espressiva: “La Sala Professori” (“Das Lehrerzimmer”) di Ilker Çatak, film tedesco passato con successo alla Berlinale73 e in corsa agli Oscar nella categoria miglior film internazionale (la stessa di “Io Capitano”). Uno sguardo in chiaroscuro sul mondo scolastico, tra corpo docente, alunni e genitori. Un affresco sociale che esplora pregiudizi, fragilità, omissioni e colpe, evidenziando alla fine un’amara sconfitta educativa. Ottima la prova della protagonista Leonie Benesch (“Il nastro bianco”, “Lezioni di persiano”). La storia. Germania, oggi. La giovane Carla Nowak è un’insegnante di scuola al primo incarico. Crede nel dialogo, nella fiducia verso i suoi piccoli allievi e nei nobili compiti dell’istituzione. Quando in classe si verificano dei furti di denaro e tra i sospettati finisce un suo allievo, Carla decide di indagare. I suoi buoni propositi però attivano una serie di conseguenze inaspettate, per lo più sconfortanti… “Volevamo analizzare un sistema, riflettere sulla nostra società. La scuola è un buon punto di partenza, è come un laboratorio”. Così il regista tedesco Ilker Çatak, tracciando il perimetro del suo film.

Scritto insieme a Johannes Duncker, “La Sala Professori” sorprende per lo sguardo sociale e al contempo introspettivo, che ricorda tanto la forza espressiva dei primi (magnifici!) film di Susanne Bier tra cui “In un mondo migliore” (2010). L’opera di Çatak mostra come un’efficace istantanea il nostro presente, quello della Germania e dell’Europa tutta, dove sembrano saltati il dialogo e la cooperazione tra docenti e genitori, lasciando i più piccoli a farne le spese. Non è però un racconto che si muove sulla polarizzazione bianco-nero, bene-male. In campo ci sono attanti solitari, che si sentono detentori di certezze, costantemente sotto attacco, e che agiscono non pensando alle conseguenze delle proprie azioni. Seppure animata da valide e nobili intenzioni, la prof.ssa Nowak attiva un’escalation di tensioni e conseguenze che si abbattono sull’alunno più brillante della classe, Oskar (Leo Stettnisch), figlio di immigrati che sconta già un prezzo alto in termini di integrazione. A complicare la situazione è la reazione della madre di Oskar (Eva Löbau), che sentendosi infangata si avvia allo scontro con la Nowak, non pensando alla serenità del figlio. Così, sul volto del piccolo Oskar si leggono alla fine del film tutte le amarezze di un mondo adulto che antepone le regole alle persone, l’Io al Noi, la cultura del sospetto al dialogo. Un bambino che finisce con il perdere l’innocenza per sperimentare prematuramente lampi di livore ed esclusione.

A conquistare del film “La Sala Professori” è di certo la regia di Ilker Çatak, così attenta e misurata, capace di esplorare le pieghe del reale con la tensione di un thriller psicologico, dove la ricerca della verità si fa sfaccettata e sfocata. Lo stile narrativo di Çatak sembra muoversi nel solco del “pedinamento del reale”, richiamando Zavattini e la lezione neorealista, come pure la scuola del cinema sociale europeo odierno dove figurano i fratelli Dardenne. “La Sala Professori” è un film intenso, da vedere, girato e interpretato magnificamente. Consigliabile, problematico, per dibattiti.