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LA PROPOSTA DI CESARE MIRABELLI e la Nota CEI
Arriverà in Aula il 27 luglio. La proposta di legge contro l’omofobia, il cui testo base ora è all’esame della Commissione Giustizia della Camera, dovrebbe iniziare quel giorno la discussione generale nell’assemblea di Montecitorio. A stabilirlo ieri la conferenza dei capigruppo che di fatto ha voluto dare un’accelerazione all’iter del ddl che interviene sugli articoli 604 e ter del codice penale con cui viene punita la propaganda, la discriminazione e la violenza «per motivi razziali, etnici o religiosi», estendendo anche a quelli «fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere». L’obiettivo, almeno nelle intenzioni del relatore, il dem Alessandro Zan, è approvare la legge «entro la prima settimana di agosto, per poi iniziare l’iter al Senato».
«Vorrei fare una premessa, anzi tre. La prima è che discutere di questi temi non significa in alcun modo negare il rispetto e la dignità che si deve ad ogni persona. Come anche il rifiuto fermo nei confronti di ogni tipo di discriminazione e di violenza. Questi valori sono legati alla tutela della persona su cui dovremmo essere tutti d’accordo. La seconda è che nel discutere di questi temi, complessi sotto il profilo giuridico ma anche antropologico, da una parte si devono evitare rivendicazioni ideologiche, dall’altro non significa alzare barricate. Sarebbe davvero il momento di un confronto autentico e intellettualmente onesto, prendendo in seria considerazione le opinioni motivate di chi vuole impegnarsi a cercare soluzioni condivise e rispettose per tutti».
E la terza premessa presidente?
E’ che allargare le fattispecie previste dall’articolo 604 bis del codice penale non è l’unica strada per rafforzare le tutele nei confronti di coloro che sono vittime di reati legati alla discriminazione. Si potrebbe puntare su un percorso meno scivoloso ma ugualmente efficace.
Quale sarebbe?Aspetti, dobbiamo arrivarci per gradi…
E qui il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli, giurista raffinato che rifiuta le contrapposizioni per privilegiare sempre e comunque la strada del dialogo, invita a riflettere sull’opportunità dell’uso dello strumento penale quando si punta a “sanzionare discriminazioni che hanno molti punti di contatto con le opinioni”.
Ma in questo caso, parlando di atti di discriminazioni e di violenza rivolti contro persone omosessuali o transessuali, sarebbe corretto prevedere tutele penali differenziate?Il rischio che mi sembra evidente sarebbe quello di creare categorie di persone in senso proprio. Perciò, invece di promuovere l’uguaglianza, come dovrebbe fare la legge, si radicano differenze, promuovendo “categorie” di persone che di fatto generano disuguaglianze.
Lei prima accennava alla possibilità di rafforzare la dignità e l’uguaglianza della persone con un intervento legislativo di diverso tipo rispetto a quello individuato dalla proposta di legge Zan che vorrebbe estendere le fattispecie dell’articolo 604 bis del codice penale.Cosa dice questo articolo? È punito “con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. La proposta di legge vorrebbe aggiungere: “oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”. Qual è la differenza tra propaganda e istigazione? La prima, che si riferisce alla diffusione delle idee, dovrebbe essere sempre garantita, mentre l’istigazione evidentemente no.
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La nota della Conferenza Episcopale Italiana a proposito della leggi
Confronto autentico e onesto
Non è necessaria una nuova legge, perché ogni comportamento violento o persecutorio è già tutelato con «adeguati presidi» nel nostro ordinamento. Per la Conferenza episcopale italiana un nuovo intervento legislativo, che introducesse «ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide».
E, di conseguenza, più che sanzionare la discriminazione, «si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione».
La strada da percorrere per contrastare le discriminazioni, per la Cei, è innanzitutto quella di «applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore», accanto a «promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione». E su questo i vescovi auspicano la disponibilità «a un confronto autentico e intellettualmente onesto».