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La politica per la Vita
La mobilitazione di politici e associazioni a favore della vita non va in vacanza. Dopo la straordinaria convergenza di sigle associative (ben 32) ed esponenti politici dalle appartenenze più diverse, giovedì, all’incontro all’Opera romana pellegrinaggi, esattamente una settimana dopo – il 18 luglio – si replica alla Camera, con una conferenza stampa per passare dalle parole ai fatti, per far sì, come auspicato anche dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti che almeno un ramo del Parlamento si pronunci prima della deadline tracciata dalla Consulta del 24 settembre per modificare la legge 219 del dicembre 2017. «La richiesta di rinvio non è una strada praticabile», sancisce Alfredo Mantovano,del Centro studi Livatino. «Il governo dovrebbe investire l’Avvocatura dello Stato.Ma Giorgetti ha chiarito che nell’esecutivo non c’è convergenza, e adeguata consapevolezza, sul tema». Allora la strada, suggerita dalla bioeticista Assuntina Morresi, di una convergenza ampia su punti molto limitati, sembra l’unica via d’uscita. È d’accordo anche Alessandro Pagano, primo firmatario – a nome della Lega – di una proposta molto più incisiva, ma convinto della necessità, ora, di una mediazione. Su quali punti? «Sull’articolo 580, che punisce l’assistenza al suicidio – propone siamo disponibili a votare una riduzione della sanzione (che ora arriva fino a 12 anni), che configuri la massima clemenza possibile (pensiamo a una pena contenuta dai 6 mesi ai 2 anni) in casi ben precisi, che riguardino gli stretti congiunti in casi di malattia grave non reversibile. L’altra misura che incontra la più ampia convergenza – conclude Pagano – è il rafforzamento delle cure palliative ».
Anche nel Pd, assicura Vito De Filippo, «è diffusa la convinzione che il Parlamento non debba restare inerte ad attendere la sentenza della Consulta. Per quanto mi riguarda sono schierato contro ogni cedimento all’eutanasia, e favorevole alla leva dell’articolo 580 per cercare una mediazione il più possibile condivisa». «Dobbiamo assumerci in modo consapevole il rischio di una decisione – dice Paola Binetti, dell’Udc -, e la stragrande maggioranza dei parlamentari che si riconoscono come cattolici, senza altre aggettivazioni, debbono saper rispondere alla propria coscienza delle proprie decisioni, molto di più che ai propri leader, auspica.
Per Forza Italia s’impegna Antonio Palmieri: «Siamo anche noi per un testo che escluda l’eutanasia, riduca le pene previste dall’articolo 580 a carico dei familiari, potenzi tutto il sistema delle cure palliative – concorda -. E siamo in fiduciosa attesa che la maggioranza trovi un accordo». Consapevole della posta in gioco, dentro il M5s, Domenica Castellone, vicecapogruppo al Senato: «Da ricercatrice credo fermamente negli sviluppi della ricerca medica e nell’esigenza di potenziare le cure palliative. La politica – dice – è chiamata ad assumersi le sue responsabilità, con una presa di posizione netta. Non possiamo ogni volta, di fronte a ogni caso portato alla ribalta dai media, restare sgomenti, sentirci affranti… e poi ogni volta attendere che la fine arrivi». Il lavoro portato avanti da Vera lex? (l’osservatorio parlamentare che coinvolge un folto gruppo di ex parlamentari cattolici, di diversi partiti) ha smosso le acque.
«Ora c’è più consapevolezza che il Parlamento, su un tema così delicato, non possa abdicare alle sue funzioni», dice l’ex deputato Domenico Menorello. Più fiduciosa anche Marina Casini Bandini, presidente del Movimento per la Vita: «Non è banale ricordarlo, sono davvero in gioco il bene comune e il tessuto umano delle nostre relazioni».