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La fede dietro le sbarre
Essere cappellano di un carcere è, per me, un’esperienza davvero interessante, molto dell’impegno chiesto è di intessere relazioni, ascoltare, raccogliere testimonianze di vite difficili, particolari, accogliere speranze e utopie, ascoltare le persone senza giudicarle ma anche senza giustificarle. Devi tenere presente la persona che hai davanti con le sue fatiche e le sue potenzialità, devi però tenere presente anche le vittime delle loro azioni, però entrambi, cappellano e ragazzo, sapete che il colloquio con il cappellano è davvero “inutile”, nel senso che il cappellano non ha particolari “poteri”, sia in carcere che in tribunale, per cui parlare con il cappellano “non serve a niente”, non ti fa ottenere sconti o riduzioni, privilegi o aiuti, è “solo” un modo per confrontarsi, per uscire dalla routine, per sfogarsi, spesso. Eppure, proprio questi confronti, questi incontri sono per me un dono meraviglioso che mi fa crescere come uomo e come prete, anche perché poi, con questi ragazzi, la domenica, ti metti in ascolto della parola, condividi il pane dell’Eucaristia e tutto ha un sapore particolare. Magari poi scriverò meglio in futuro, però leggere il vangelo in carcere, ascoltare la bibbia in carcere ti dà tutta un’altra prospettiva, anche perché mi sono accorto che un sacco di pagine della Bibbia e del Nuovo Testamento in particolare parlano di carcere.
Comunque, proprio partendo dai colloqui e dalla ricchezza che spesso ne traggo, ho chiesto ai ragazzi di scrivere delle lettere per le persone che sono fuori dal carcere e non ne sanno niente, per far sapere alle persone quanta ricchezza c’è, anche in un ambiente particolare come il carcere. Paolo ha accolto questo invito e mi ha consegnato questa lettera che condivido molto volentieri, spero che anche altri possano seguire il suo esempio…
Buongiorno, mi presento, sono Paolo, un detenuto che scrive per farvi capire che Dio c’è anche in carcere.
Sono otto anni che sono recluso ed è molto dura stare in carcere, io prego e chiedo a Dio di donarmi la forza dello Spirito Santo per andare avanti e prendo Gesù come esempio da seguire.
Otto anni distaccato dal mondo, mi sento come un animale in gabbia, ma grazie alla fede vedo che anche qui c’è del bene fatto di piccoli gesti semplici che vengono dal cuore.
Dio mi ha fatto arrestare non per mettermi in castigo, ma per salvarmi, dopo tanti anni sono giunto a questa conclusione. In questa situazione in cui mi trovo sto effettuando due percorsi: uno carcerario e l’altro spirituale, aiutato dal cappellano.
Un giorno sarò libero, sarò ricco non di soldi ma di Spirito.
Ora vi saluto e che Dio vi protegga e benedica.
Paolo