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La conciliazione dei “tempi di vita e di lavoro”
Negli ultimi anni il dibattito politico italiano sul lavoro si è concentrato molte (forse troppe) volte sull’impatto che una misura come il reddito di cittadinanza sta avendo, almeno per i suoi detrattori, sulle difficoltà delle imprese, specialmente in alcuni settori quali il turismo e la ristorazione, di trovare lavoratori disponibili.
Dall’altro lato della barricata, altresì, vi sono gli strenui difensori della misura, fortemente voluta dai cinquestelle nel 2019, che descrivono gli imprenditori italiani come moderni “schiavisti”.
La verità, come spesso accade nella vita, la si trova, anche analizzando il “nuovo” mercato del lavoro italiano, e globale, in tutta la sua complessità e sfaccettature, a metà strada.
In questo quadro sono, certamente, utili al dibattito anche studi ed indagini come quello realizzato, nelle settimane scorse, da Inapp sul tema degli “straordinari”.
Emerge, così, che un lavoratore dipendente su sei (15,9%) fa straordinari non retribuiti. Un dato preoccupante se consideriamo che gli straordinari interessano, secondo l’indagine, ben sei occupati su dieci (60%), in maggioranza uomini (64,7% contro il 54,1% delle donne). Le motivazioni perché ciò accade sono, tuttavia, di vario tipo. Nella maggior parte dei casi (51,2%) si fa ricorso allo straordinario per carichi di lavoro eccessivi o carenza di personale mentre questo accade nel 18,4% per la volontà delle persone di guadagnare di più. C’è poi un, ahimè, 8,1% che dichiara di non potersi rifiutare.
La questione degli straordinari, tuttavia, va letta all’interno del più generale tema della regolazione dei tempi di vita e di lavoro, la famosa “conciliazione”, che vede emergere un dato allarmante: circa la metà delle persone svolge la propria attività lavorativa in orari che si potrebbero definire “antisociali”. Nello specifico, il 18,6% dei lavoratori lavora sia di notte che nei festivi (circa 3,2 milioni di persone), il 9,1% anche il sabato e i festivi (ma non la notte), mentre il 19,3% anche la notte (ma non di sabato o festivi).
Un’analisi di “genere” ci dice poi che gli uomini “sperimentano” di più sia il solo lavoro notturno, sia quello svolto sia di notte che nei festivi mentre le donne, invece, sono impegnate più il sabato o nei festivi.
È, quindi, forse arrivato il tempo per una seria riflessione sull’organizzazione e articolazione del tempo di lavoro e sulla sua quantità e qualità nel nostro paese.
Un paese che prova, tra mille difficoltà e stimoli, a ripartire, infatti, dovrebbe scommettere sulla sua capacità di creare nuove opportunità di lavoro per i tanti, giovani ma non solo, che lo cercano.
Un lavoro, però, non quale che sia, ma umano, dignitoso e che sia compatibile anche con gli aspetti sociali della vita della persona/lavoratore come, peraltro, ci ricorda anche la nostra Costituzione a partire dai suoi principi fondamentali spesso citati ma poi inattuati nella vita di tutti i giorni.