“La banalità del bene”: Ludwig Guttmann il neurologo che inventò le paralimpiadi

Nell’affollato salone della Provincia, si è tenuta un’interessantissima conferenza del Generale Roberto Riccardi, Comandante della Legione Trentino-Alto Adige sulla figura di Ludwig Guttman organizzata dal Serra Club di Livorno.

In apertura della conferenza, il Presidente del Serra Club di Livorno, dopo i saluti alle autorità civili, militari e religiose presenti, ha letto la lettera  inviata per l’occasione dal Ministro della Difesa Guido Crosetto. Il Ministro ha avuto espressioni di elogio per Guttmann che si è dedicato alla cura dei soldati e civili lesi durante la Seconda Guerra mondiale. Così facendo ha tolto dalla morte e da una vita non dignitosa le persone colpite da malattie neurologiche irreversibili.

La Presidentessa della Provincia Sandra Scarpellini, il Presidente nazionale del Serra club Italia Faralli hanno espresso motivi di soddisfazione per l’organizzazione di questo incontro di alto valore civile e morale  e la rappresentante del  Sindaco ha  infine fatto presente che il Comune ha destinato risorse economiche importanti per sostenere la disabilità.

Il generale Riccardi che nella sua lunga carriera militare ha anche partecipato  a missioni di pace in Bosnia e Kosovo, ha sempre avuto la passione della scrittura con la pubblicazione di diversi libri che hanno avuto importanti riconoscimenti letterari. È stato dal 2016 al 2019 Comandante Provinciale di Livorno e nell’apertura del suo intervento ha ricordato con piacere il periodo della sua permanenza a Livorno tanto che non perde mai occasione per ritornare nella nostra città.

Riguardo la pubblicazione dell’ultimo libro su Guttman, sopravvissuto alla Shoah, Un cuore da campione, sottotitolo «Storia di Ludwig Guttmann inventore delle Paralimpiadi», edito da Giuntina, emerge una figura di alto spessore morale e civile che per la sua capacità di resistere a tutte le traversie e alle persecuzioni può essere  definito “la banalità del bene” perché ha sempre agito  seguendo il suo  ideale di vita dedicata al prossimo. Nato nel 1899  a Breslavia in Slesia (oggi Polonia ma allora Prussia), medico neurologo nel 1933 viene espulso dall’ospedale e potrà curare solo in ambito israelita. Dopo l’emanazione delle Leggi Razziali fugge a Londra e dal 1944 gli viene affidata la direzione della clinica Stoke Mandeville, dedicata ai feriti di guerra con lesioni spinali, allettati negli stanzoni, sedati e lasciati morire nelle canoniche sei settimane. Guttmann non ci sta, «abbiamo già troppi storpi qui» è la frase che ripete da anni e in quei giovani distesi come salme, vede futuri uomini pieni di vigore. Dimezzò i sedativi e ordinò di tenerli seduti, mai sdraiati. Sono ragazzi di 20 anni che potevano essere suoi figli e in lui prevale il senso di voler cambiare impostazione di cure e passa dalla immobilità che li portava alla morte certa, al decidere che devono muoversi. Tutto questo arreca loro dolori insopportabili, ma non cede ai lamenti, sa di avere ragione. Quei ragazzi non vanno sedati, vanno svegliati e lo sport sarà l’arma vincente. Portò così in corsia una palla medica e i pazienti dovevano tirarsela. Presto passò a partite di polo su sedia a rotelle. I colleghi britannici di Guttmann sono scettici e si può capire, i giovani eroi tornati a casa col midollo spezzato non muoiono più in un mese e mezzo, anzi guariscono anche nell’anima, rivitalizzati da una sana competizione. Così il neurologo organizza una gara di polo in carrozzina, da una parte medici e fisioterapisti convinti di stravincere, dall’altra i paralitici, usciti con la medaglia al collo.

È solo l’inizio. Nel 1948 Guttmann indice la prima edizione dei “Giochi di Stoke Mandeville”, con 16 atleti (due sono donne). Instancabile, scrive ai neurologi di tutti i continenti e l’appuntamento diventa annuale, cresce irrefrenabile, contagia i colleghi stranieri, li stupisce e li convince. Nel 1952 anche gli ospedali di Canada e Israele inviano i loro atleti paralimpici, ma è l’incontro tra due grandi cuori a far nascere quella che diventerà la più grande rivoluzione nel concepire la disabilità come diversa abilità: tra i primi a credere al valore dei Giochi di Stoke Mandeville c’è un collega italiano di Bari, Antonio Maglio, medico all’Inail sugli infortuni da lavoro, che nel 1960 farà anche parte del Comitato che organizza le Olimpiadi di Roma. Dall’intesa dei due medici nascono quell’anno in Italia le prime Paralimpiadi della storia con 400 atleti da 23 nazioni, un patrimonio che Guttmann seguirà fino alla sua morte, nel 1980, e che oggi vede 190 Comitati per lo sport paralimpico nel mondo. Guttmann non rivoluziona solo la neurologia ma sovverte l’abisso di male in cui l’uomo a volte precipita. Lui ebreo, destinato per questo all’annientamento insieme ai disabili (entrambi macchie per la razza perfetta), restituisce ai disabili la vita. «Voglio trasformare mielolesi privi di speranza in contribuenti del fisco », in questa frase è racchiuso il suo vero obiettivo: restituire dignità, lavoro, normalità alle vite ritenute «indegne di essere vissute » e destinate all’eutanasia. Una tentazione sempre latente, che rende il messaggio di Guttmann di costante attualità.