Italia in fila agli sportelli della Caritas

Nell’Italia che da domani prova a ripartire, i nuovi poveri sono raddoppiati rispetto all’era pre-Covid. La Caritas italiana ha diramato ieri un report sui due mesi più difficili dal dopoguerra, che conferma l’aumento del 100% del numero di chi per la prima volta si è rivolto a marzo e ad aprile ai Centri di ascolto e ai servizi delle Caritas diocesane. L’organismo pastorale della Cei, che dall’inizio dell’emergenza Covid-19 ha intensificato il coordinamento delle 218 Caritas diocesane, ha organizzato una prima rilevazione nazionale dal 9 al 24 aprile coinvolgendo 101 diocesi, il 46% del totale.

Si delinea una prima immagine non ancora nitida di quel-l’Italia stremata che domanda cibo, viveri e pasti a domicilio, vestiario; che chiede aiuti economici per bollette, affitto e farmaci. Nonostante siano stati contagiati 42 tra volontari e operatori in 22 Caritas diocesane e in 9 Caritas si siano registrati 10 decessi, l’aiuto non si è mai fermato. La Caritas ha risposto fornendo pasti da asporto o consegnandoli a domicilio a 56.500 persone. In aumento con la chiusura forzata il bisogno di ascolto, sostegno psicologico e di orientamento nella giungla delle pratiche burocratiche per accedere a misure di sostegno e di lavoro. Le Caritas hanno cambiato servizi e interventi. Vi sono stati 22.700 contatti telefonici di ascolto e accompagnamento registrati o in presenza negli ospedali e nelle Rsa a malati soli. Sono stati avviati supporti psicologici e iniziative di aiuto alle famiglie per smart working e didattica a distanza, interventi a sostegno delle piccole imprese, accompagnamenti all’esperienza del lutto. E sono stati forniti dispositivi di protezione individuale e igienizzanti a circa 290.000 persone. Sono state rimodulate più di 64 strutture per oltre 1.200 posti in 42 diocesi per l’accoglienza aggiuntiva di persone senza dimora, oltre all’ospitalità residenziale ordinaria. A tutto questo si aggiungono gli interventi per l’emergenza sanitaria, con 68 strutture destinate da 48 diocesi a medici, infermieri e a persone in quarantena per quasi 1.450 posti messe a disposizione della Protezione civile e del Sistema sanitario nazionale. A queste si sommano 46 strutture per oltre 1.100 posti in 34 Diocesi disponibili

per persone dimesse dagli ospedali.

Altre buone notizie: in questi due mesi in tre diocesi su quattro, ha funzionato la collaborazione con enti pubblici, privati o Terzo settore, parrocchie, gruppi di volontariato; sono arrivati nuovi volontari giovani. Il monitoraggio conferma che nel 60% delle Caritas diocesane sono aumentati gli under 34 che hanno consentito di far fronte al calo degli over 65, inattivi per motivi precauzionali.

«Un fiorire di iniziative percepito anche a livello nazionale» dice la Caritas italiana. A partire dal Papa, che ha donato 100mila euro per un primo significativo soccorso in questa fase di emergenza, e dalla Cei, che ha messo a disposizione di 10 milioni di euro dai fondi dell’otto per mille. A tutto questo si affianca la risposta alla campagna Caritas ‘Emergenza coronavirus: la concretezza della carità’, che ha raccolto finora più di 1,9 milioni di euro da parte di 3.760 offerenti. Oltre alle donazioni di singoli, si registrano quelle di aziende, imprese, comunità, parrocchie e altre Caritas nazionali e la raccolta dell’Anpi per il 25 aprile. La fiducia nella Chiesa in questa pandemia si conferma alta e non è stata tradita.