Diocesi
Incontriamo la Chiesa che soffre
La famiglia trinitaria di Livorno celebra con un triduo il 25° anno di solidarietà internazionale

Presso la Chiesa dei Padri Trinitari di San Ferdinando in Crocetta le celebrazioni hanno vissuto tre giornate molto intense e partecipate sia da tutti i membri della famiglia Trinitaria che dai parrocchiani che si sono ritrovati a pregare e a riflettere su come ancora, nonostante gli sforzi, molti siano i cristiani perseguitati per fede in ogni angolo del mondo.
Il primo giorno è stato dedicato alla Via Crucis nella suggestiva Fortezza Vecchia del Porto di Livorno da cui partivano ed arrivavano gli schiavi cristiani liberati dai Padri Trinitari, presieduta dal Canonico della Cattedrale don Donato Mollica.
Il nucleo meditativo faceva riferimento al brano dal Vangelo di Matteo: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti prima di voi. Voi siete il sale della terra; ma se perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente”. Don Mollica guardando a Gesù sul Golgota come uomo spogliato di tutto, ricorda l’apostolo Paolo, quando scrivendo della povertà e delle privazioni di Gesù, usa il termine “kenosi”. Questa parola greca significa rinuncia a tutto ed è associata al vuoto che regna in un deserto o in una città deserta. Gesù si è svuotato di tutto, di tutti i privilegi a cui aveva diritto. Ha sperimentato liberamente e consapevolmente l’esistenza umana, associata ai limiti e alle debolezze, alle difficoltà, alla sofferenza e alla morte. Privato dei bisogni umani fondamentali, muore, rinunciando alla sua ultima tunica e poi al suo Spirito. Non è rimasto niente. Ma lui stesso è un puro dono; per il Padre, per il mondo e per gli uomini: da ricco che era, per noi si è fatto povero, perché attraverso la sua povertà potessimo arricchirci. Tanti cristiani sono spogliati di tutto. La situazione dei cristiani oppressi a causa della loro fede sfiora l’indecenza: offesi nei loro diritti fondamentali, privati dei beni più essenziali. Sradicati, non risiedono più nelle loro case distrutte. Non hanno chiesto privilegi; vogliono solo poter agire nello spirito evangelico. Diventano minoranze, in fuga verso l’ignoto. La croce di Cristo non è una vergogna, ma una gloria per tutti i cristiani. Dobbiamo chiedere al Signore, di donare a noi, soprattutto ai cristiani perseguitati, lo Spirito di coraggio e di gioia per essere suoi seguaci e testimoni nel mondo e di aumentare la nostra fede affinché non avremo paura di seguirlo anche a costo del ridicolo, della persecuzione o della morte. La ragione spesso nelle difficoltà ci spinge di abbandonare la speranza. Tuttavia per un cristiano non esiste mai una situazione senza speranza. Le tenebre non vincono mai la luce, e la morte non imprigiona per sempre chi ha confidato nella Vita.
La seconda giornata ha avuto il momento più commovente nell’ascolto della testimonianza del Cardinale albanese Ernest Simoni che nonostante i suoi 96 anni ha raccontato il suo martirio per una persecuzione durata per ben 28 anni nel carcere di Scutari per la sola colpa di essere cristiano in un paese dove l’unica “religione” ad essere riconosciuta era l’ateismo di stato.
È nato a Scutari il 18 ottobre 1928. dopo le scuole regolari ha frequentato il liceo del Collegio francescano Illiricum. Ordinato sacerdote l’8 aprile 1956, per oltre sette anni ha guidato diverse parrocchie. Un’esperienza che ne ha formato il carattere e il dinamismo pastorale, tanto che fino a pochi anni fa ha continuato a girare nei villaggi dell’Albania per svolgere la sua missione. Considerato un “nemico del popolo” ai tempi della dittatura comunista di Enver Hoxha, è stato arrestato nella notte di Natale del 1963, mentre celebrava la messa a Barbullush, e confinato in una cella d’isolamento con una condanna a diciotto anni. Ai suoi compagni di prigionia gli aguzzini hanno ordinato di registrare la sua “prevedibile rabbia” contro il regime, ma dalla bocca del sacerdote sono uscite sempre e solo parole di perdono e di preghiera. È arrivata puntuale anche la condanna a morte, ma la sua pena è stata commutata in venticinque anni di lavori forzati nelle gallerie buie delle miniere di Spac e poi nelle fogne di Scutari. Anche in questa drammatica situazione non ha perso la fede e non ha mai interrotto il suo ministero sacerdotale. È persino riuscito a celebrare ogni giorno di nascosto la messa e ha confessato gli altri carcerati, divenendo padre spirituale di alcuni di loro e distribuendo anche la comunione, con un’ostia cotta di nascosto su piccoli fornelli, mentre per il vino ha fatto ricorso al succo dei chicchi d’uva. È stato definitivamente liberato il 5 settembre 1990. Appena fuori dal carcere, ha confermato il perdono ai suoi aguzzini, invocando per loro la misericordia del Padre. La sua nomina cardinalizia, ha tenuto a precisare, è un riconoscimento per tutti i martiri e i cattolici perseguitati nella sua terra. Tra i quali c’è anche il primo cardinale albanese della storia, creato nel 1994 da Giovanni Paolo II: Mikel Koliqi (1902-1997), suo concittadino di Scutari e come lui a lungo imprigionato nelle carceri del regime, dove ha scontato ben trentuno anni di detenzione. Secondo albanese a ricevere la porpora, il card. Simoni ha commosso il mondo e, in particolare, Papa Francesco quando, il 21 settembre 2014, nella Cattedrale di Tirana, ha raccontato davanti al Pontefice le violenze e le vessazioni subite per ventisette anni durante la dittatura comunista. Da Papa Francesco creato e pubblicato Cardinale nel Concistoro del 19 novembre 2016, della Diaconia di Santa Maria della Scala. Da qualche anno vive a Firenze, assistito dal nipote, chiamato dal Cardinale Betori dove è stato nominato canonico ed è l’unico cardinale – o uno dei pochi – a praticare esorcismi.
Dopo questa commovente testimonianza ha presieduto la concelebrazione eucaristica alla quale ha preso parte il Padre Provinciale dell’Ordine della provincia Giovanni de Matha, Fr. Rocco Cosi. Anche nell’omelia è stato sottolineato come il cristiano non debba mai distogliere lo sguardo da Gesù che col suo amore ha aperto le porte del cielo ai peccatori di tutta l’umanità; Dio dispensa la sua grazia a tutti. Dopo la Messa sono stati benedetti i presenti con il rito di esorcismo, recitando a memoria in latino, la preghiera scritta da Papa Leone XIII.
La terza giornata è stata dedicata al “Ringraziamento”. La concelebrazione presieduta da Fr. Rocco Cosi che durante l’omelia ha invitato la Comunità Trinitaria e parrocchiale a proseguire nella preghiera e nella testimonianza, solo così possiamo confidare nell’aiuto del Signore per ottenere la liberazione degli schiavi cristiani perseguitati. Proprio l’anno scorso infatti, grazie alla comunità di Livorno è stata riscattata in India una famiglia cristiana.


















