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In Danimarca
Addio al divorzio express. La Danimarca fa dietrofront: in uno dei Paesi occidentali in cui lasciarsi era più facile, oggi arriva la «pausa di riflessione». Se prima bastava compilare un modulo per sciogliere un matrimonio, ora nel caso ci siano figli minorenni bisogna aspettare tre mesi dalla domanda e seguire un corso di terapia familiare.
La svolta è maturata dopo una lunga riflessione che alla fine ha visto d’accordo tutta la politica, con l’eccezione del piccolo partito di Alleanza liberale. In Danimarca il tasso di divorzio è altissimo: nel 2018 ne sono stati registrati 15mila, a fronte di 30mila matrimoni. Uno studio del giornale Politiken ha dimostrato che 68 amministrazioni locali su 98 già offrono cicli di terapia familiare alle coppie in difficoltà, nell’idea che prevenire sia meglio che curare: se le unioni restano salde o perlomeno se si sciolgono in modo civile, è provato che la municipalità risparmia sui servizi di assistenza psicologica, sociale e scolastica e sull’assegnazione di alloggi.
La nuova legge regolamenta questo percorso, che in altri Paesi sarebbe giudicato un’intrusione nella vita privata dei cittadini: nei tre mesi di riflessione prima del divorzio, marito e moglie devono seguire un corso – dal vivo, online oppure tramite una applicazione – di «cooperazione dopo il divorzio», con l’obiettivo dichiarato non tanto di riunire i due (anche se spesso è ciò che accade) quanto di pacificare gli animi e arrivare ad accordi ragionevoli sulla gestione dei figli. Il corso affronta le potenziali aree di contrasto tra i genitori, come i turni per l’affidamento dei figli nelle giornate di festa, o come impostare il dialogo tra ex coniugi mettendo da parte la rabbia, o, ancora, come rispondere alle paure dei bambini.
«Il corso aiuta a gestire lo stress, l’ansia, la depressione e riduce le assenza sul lavoro», ha spiegato uno degli autori del corso, lo psicologo Gert Martin Hald. Il programma è stato testato su 2.500 volontari e in 13 casi su 15 ha avuto un effetto positivo sulla salute mentale e fisica dei partecipanti. La «pausa di riflessione» obbligatoria per chi decide di divorziare è chiaramente disegnata per evitare decisioni «a caldo» che potrebbero avere ripercussioni negative sui figli. Niente più “Guerra dei Roses” in Danimarca, insomma.