Il secondo piano

Nel salone dei Bottini dell’olio nel quartiere della Venezia, a cura dell’Associazione Perseguitati Politici Antifascisti è stato presentato il libro: “Il secondo piano”, con la presenza dell’autrice, Ritanna Armeni che molti ricordano perché, alcuni anni fa, fece da spalla a Giuliano Ferrara in una trasmissione televisiva di carattere socio-politico. L’autrice è stata introdotta dalla professoressa Genny De Pas, dirigente dell’ANPPIA, che ha animato l’incontro ponendo all’Armeni una serie di domande. Bisogna subito dire che “il secondo piano” era quello di un convento di suore che vivevano nella Roma del 1944 occupata dalle forze armate naziste che facevano il bello e il cattivo tempo nella città. E il piano terra? Il piano terra era adibito ad ospedale militare tedesco! Spesse volte, specialmente in tempo di guerra, la realtà supera la fantasia!

Nonostante tutto le suore riuscirono ad ospitare in questo convento ben 47 ebrei, tra questi alcuni bambini. Alla domanda se il Vaticano avesse dato ordine di ospitare gli ebrei, la relatrice ha risposto dicendo che “ad oggi non c’è nessun documento che attesti che il Vaticano abbia dato delle indicazioni in merito, ma non ne esiste nemmeno il contrario”. Cosa si può dire allora? Si può dire che le suore agirono autonomamente animate dal concetto della carità cristiana, un concetto che la scrittrice ha ribadito più volte nel corso della presentazione. E sulla figura del Papa? A questo proposito ricordiamo che nel Museo dello Yad Vaschem a Gerusalemme, il Papa di allora, Pio XII, è messo tra coloro che “non” hanno aiutato gli ebrei. Il Papa -ha detto la scrittrice a questo proposito- fu silenzioso, certamente non fermò il treno dei deportati ebrei verso i campi di sterminio, ma è anche vero che a Roma “c’era un equilibrio difficilissimo da mantenere”, non c’era più lo Stato e la situazione di Roma era invivibile e anche il Papa era quasi prigioniero in un Vaticano controllato dai tedeschi. Ma nella basilica del Laterano, che faceva parte del Vicariato di Roma, si erano rifugiate circa mille persone di diversa estrazione politica, tra queste anche il comandante partigiano Bencivenga, il cui attentato ad alcuni soldati tedeschi sud tirolesi portò alle esecrabili Fosse Ardeatine. A richiesta della professoressa De Pas, l’Armeni ha messo in rilievo alcune figure di spicco del suo libro, dalla novizia Suor Lina, che apre le porte ai primi sette rifugiati ebrei, alla figura del sagrestano Remo, che pensando di divenire importante è invece quello che si presta ad aiutare i tedeschi. Una figura che fa dire alla scrittrice “anche dentro ciascuno di noi c’è la vigliaccheria”, e che sempre ci troviamo di fronte al problema della “scelta”, la scelta del bene o quella del male.

Il senso caritatevole delle suore viene dimostrato anche da quelle del vicino convento di Santa Priscilla che avevano a disposizione una macchina tipografica con la quale falsificavano i documenti per i loro ebrei, come le tessere annonarie che consentivano di poter ottenere un po’ di cibo, in un tempo in cui era molto difficoltoso trovare qualcosa da mangiare, non è un caso che il responsabile dell’annona romana venga ucciso. La scrittrice ha poi dichiarato di essere “rimasta colpita dal mondo delle suore”, perché le suore per vivere devono lavorare, “se non lavorano non mangiano”. Spesso il lavoro “se lo inventano” e i risultati del loro lavoro viene messo a beneficio dell’intera comunità. Le loro sedi possono divenire dei locali ospitali e quindi le entrate  possono essere messe a disposizione anche di chi non possiede nulla.  Diventano, ne ha fatti alcuni esempi, “ cervelli collegati al cuore e alle mani”.

Il libro contiene la descrizione di avvenimenti particolari, infatti quando viene compiuto l’attentato di Via Rasella, nello stesso momento nel convento viene festeggiato il compleanno del bambino ebreo Lele, spegne le candeline e riceve regali, in quello stesso tempo avviene la morte dei 33 soldati del battaglione Bozen, quasi a dimostrare “una connessione, un collegamento tra la grande e la piccola storia”. C’è poi un avvenimento importante, per il quale cade l’accusa agli ebrei di non aver partecipato in armi agli eventi bellici, è quello del giovane sedicenne ebreo Simone, ospite delle suore, che va al Quadraro, il quartiere romano definito “un nido di vespe” dove prende contatti con esponenti della Resistenza per entrare nelle formazioni partigiane. Un libro dunque che va letto: dove di parla di suore, ma di donne, di guerra, di “scelte” di libertà.