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Il libro del teologo Michele Aramini
«Non ci sposiamo, costa troppo. E poi non abbiano ancora la casa. E poi lei ha solo un contratto semestrale. E poi magari mi trasferisco all’estero.
E poi magari… cambiamo idea».
Discorsi che diventano tormentoni e poi luoghi comuni.
Ma su quei luoghi comuni si costruiscono certezze presunte. E il matrimonio, diventa costoso non tanto in termini economici – a meno di non inseguire le follie dei wedding planner – quanto come carico di responsabilità, volontà di andare controcorrente, capacità di ascoltare la propria coscienza e di rifiutare i pronostici nefasti degli amici degli amici. Perché, sull’onda delle tendenze e delle mode le certezze presunte diventano verosimili e sono capaci di orientare le scelte di una coppia. Dobbiamo dirlo con chiarezza: ridurre il matrimonio a un problema di costi è uno dei tanti inganni di questo strano tempo in cui crolla il numero dei “sì” e si quadruplica quello delle convivenze. Tanta leggerezza, tanta provvisorietà, tanta incertezza che però non contribuiscono affatto a migliorare il tasso di benessere delle relazioni. Anzi, troppo spesso disimpegno e fragilità vanno a braccetto. Giusto chiedersi allora se il problema non sia tanto il costo del matrimonio, quanto del “non matrimonio”. Eh sì, a guardare bene, senza lasciarsi trasportare dai “si dice” e dai “sembra che”, il peso che una coppia si carica sulle spalle in termini etici, psicologici, sociali, giuridici, culturali – e alla fine anche economici – deriva soprattutto dalla decisione di non sposarsi.
Lo spiega in un testo asciutto come un manuale ed eloquente come una trattato don Michele Aramini, teologo e docente all’Università Cattolica di Milano che ha mandato in libreria da qualche giorno Quanto costa non sposar- si. Riflessioni per chi è tentato di convivere (Paoline). Volumetto controcorrente che, attingendo alla miniera diAmoris Laetitia, spiega senza toni apologetici né di condanna verso l’incertezza dilagante dei nostri giorni, tutto quello che si perde con la decisione di “non decidere” il per sempre del matrimonio. Costi etici, innanzi tutto. «Il vero costo del non matrimonio – scrive don Aramini – è la perdita della libertà e l’incapacità di darsi una identità morale compiuta». E poi costi psichici. Anche in questo caso paroleilluminanti: «Una volta rifiutata l’istituzione, la vita di queste coppie è fondata sulprotagonismo individuale, sulla sovrana libertà del singolo ». Senza considerare il malessere maschile che s’innesca: «Nelle convivenze, soprattutto quando c’è un figlio – sottolinea ancora il teologo – la centralità non è più condivisa tra lei e lui, ma centrale diventa quasi esclusivamente la figura della madrecompagna ». C’è poi un costo ulteriore che non viene mai considerato. Quanto anche le coppie sposate finiscono per essere negativamente contagiate dalla mentalità del “non matrimonio”? Probabilmente tante situazioni di crisi non vengono affrontate con la necessaria fiducia proprio per quella strisciante rassegnazioneindotta da un pensiero che porta a dire “tantocapita a tutti”.
Aramini documenta poi il un “costo per i figli” di cui la denatalità è l’aspetto più evidente, e il costo giuridico che ha tante implicazioni. «In nome del principio di neutralità – annota – il diritto si è progressivamente disimpegnato di fronte alle forme di vita coniugale. È come se l’ideologia della tolleranza impedisse ormai ai legislatori di manifestare una qualsiasi preferenza per un dato modello di vita familiare, pena cadere sotto l’accusa di discriminazione». Infine, ma non certo per minor rilievo, i costi sociali, di cui «la sofferenza delle persone: dei figli, dei padri, delle donne sole, dei nonni dimenticati» è l’aspetto più straziante.