Il grido dei bambini di Kharkiv: pace

«Dai, bambini andiamo». Con una grande stella disegnata dai due figli, Svetlana Lukyryc ha suonato alla porta di casa dei vicini. «Era venerdì sera. E, come vuole la tradizione, alla vigilia di Natale intendevamo regalare un canto a chi abita accanto a noi», racconta. Stavano per essere cacciati. «Sa, le bombe che continuano a cadere hanno reso tutti più paurosi, sospettosi e nervosi». Soprattutto in una città come Kharkiv, la seconda del Paese con un milione di persone che dista meno di cinquanta chilometri dal confine russo e che, nelle statistiche, è stata la metropoli dove con la sua regione gli allarmi anti-missile sono suonati di più: 1.558 volte in nove mesi di guerra. Alla fine Svetlana e i suoi ragazzi, Vladislav 9 anni e Ana di 3, li hanno convinti. «E c’è stato un piccolo miracolo di Natale. Dopo lo spettacolo familiare, non finivano più di ringraziarci. E hanno confidato: “Avevamo deciso che non avremmo celebrato alcun che. Come si fa a festeggiare se vieni bersagliato di missili? Invece ci avete aperto uno spiraglio di luce”».

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