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Il grazie del Presidente del Consiglio
Gentile direttore Tarquinio,
le scrivo nei giorni più difficili che la nostra storia recente ricordi, nel pieno della Settimana Santa, preludio a una Pasqua che rimarrà scolpita per sempre nelle nostre vite.
L’emergenza che stiamo vivendo – nei suoi risvolti sanitari, sociali ed economici – rappresenta una sfida epocale per ciascuno di noi. Ogni giorno questo dramma interpella le nostre coscienze, pone interrogativi profondi sul mistero della morte e della sofferenza, sul destino comune dell’uomo. Proprio nel momento nel quale le misure di distanziamento sociale ci allontanano fisicamente l’uno dall’altro, sperimentiamo, nella misura più intensa, la dimensione della comunione, nella consapevolezza – come ha ricordato il Papa – di trovarci tutti «sulla stessa barca».
Il prezzo che oggi si sta pagando è immenso. In termini di vite umane, prima di tutto. Penso in particolare alla popolazione più fragile e anziana. Tante, troppe le storie di chi ha pagato con la vita la lotta contro questo nemico invisibile. Tra queste, anche quelle di molti sacerdoti soprattutto del Nord Italia, impegnati a rinfrancare gli animi feriti, nella convinzione del valore vivificante della preghiera, anche della preghiera silenziosa offerta a Dio nel chiuso della propria stanza.
In queste settimane ho più volte ricordato che tutelare la salute e sconfiggere il Covid-19 sono obiettivi che sollecitano la responsabilità di tutti, non sono appannaggio esclusivo di scienza e politica.
La Chiesa italiana, in queste durissime settimane, ha accompagnato, con la sua presenza concreta nel territorio, la sofferenza del nostro popolo, contribuendo – con molte iniziative – a sostenere soprattutto i più deboli, le famiglie in situazioni di povertà e necessità. Desidero, per questo, ringraziare il cardinale Bassetti e tutta la Conferenza episcopale, che ha generosamente devoluto per questa causa un’ingente somma proveniente dall’otto per mille, messa a disposizione per far fronte alle conseguenze sanitarie ed economiche causate dall’epidemia. Soprattutto desidero esprimere la mia gratitudine per aver compreso la dolorosa decisione di celebrare sine populo le liturgie, nella consapevolezza dei beni supremi coinvolti in questo difficile passaggio della nostra storia nazionale. La Chiesa italiana ha dimostrato ancora una volta la sua naturale vocazione al dialogo e alla cooperazione con le istituzioni civili, la sua capacità di interpretare – con saggezza e discernimento – i segni dei tempi.
Il rispetto delle misure adottate dal Governo, sulla base delle indicazioni del comitato tecnico-scientifico, è un gesto di responsabilità verso l’intero Paese, di rispetto per chi affronta ogni giorno – in prima linea – l’emergenza. Sono però consapevole di quanto questo sacrificio sia adesso più doloroso. La Pasqua è per tutti noi un richiamo all’unità, alla solidarietà, all’amore: essere distanti, non poter condividere insieme la grazia del tempo pasquale è motivo di grande sofferenza, ne sono pienamente consapevole.
Ricorderemo questa primavera come quella in cui, per la prima volta nella storia, il Papa ha presieduto le udienze generali e officiato l’Angelus in diretta streaming: le sue parole, pur pronunciate lontano da una piazza San Pietro avvolta in un silenzio irreale, sono arrivate a tutti. Ne ricorderemo l’alto valore simbolico, che ha respinto la dispersione e la rassegnazione che iniziavano a maturare anche tra i sacerdoti e la comunità di fede. Ci potrà confortare la consapevolezza che da questo sacrificio offerto per il bene comune possano rafforzarsi, nel tempo a venire, i sentimenti di altruismo, di solidarietà, di condivisione, vissuti – dopo questa dolorosa rinuncia – in modo pieno, intenso e autentico. In questi mesi di sofferenza, tutto il mondo del volontariato, dell’associazionismo di base, del Terzo settore ha mostrato, in coerenza con la sua missione, la massima attenzione alle conseguenze più drammatiche che la crisi sta provocando sui più deboli e vulnerabili. A tale proposito, ho accolto con vivo interesse l’appello lanciato, sul suo quotidiano, ad avviare una riflessione sul Servizio Civile Universale. Sottolineo, in particolar modo, l’invito a una nuova simbiosi generazionale, in cui l’operosa mobilitazione dei più giovani tende a ripagare i sacrifici di chi li ha preceduti, restituendo loro i frutti di quel mutualismo civico e di quel vincolo solidale su cui la nostra Repubblica ha sempre potuto contare. Mai come oggi, dunque, gli stimoli di queste riflessioni appaiono appropriati, alla luce anche degli sforzi che tanti giovani stanno mettendo in campo tra le comunità più colpite dall’emergenza.
Pasqua – ho già avuto modo di ricordarlo – significa “passaggio”. Nonostante le limitazioni agli spostamenti, sarà una Pasqua di prossimità: la lontananza di questi giorni vissuti in casa ci aiuterà a ritrovarci ancora più uniti, rinforzati da un’esperienza che ci ha costretto a misurarci con le stesse difficoltà, alle quali abbiamo risposto con una voce sola. Il mio auspicio è che questi giorni difficili siano un “passaggio” verso momenti più sereni: torneremo gradualmente padroni del nostro quotidiano, delle nostre abitudini.
Ci riprenderemo le nostre vite, scoprendo di essere una comunità forte, orgogliosa, solidale. Ed è forse questo il significato più profondo, per il quale ricorderemo questo 2020: l’anno in cui, dopo aver attraversato la “notte oscura”, siamo risorti, ricostruendo il nostro futuro sulle solide basi della solidarietà e della comunione.