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Il dolore di chi è sopravvissuto. Trovati altri 3 corpi
Piangono quasi tutti senza parlare, avvolti in un dolore terribile e muto, le persone migranti superstiti del naufragio a Cutro che sono stati portati nel centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto. Hanno tolto i vestiti bagnati e sono avvolti da coperte, con lo sguardo fisso nel vuoto, in una delle sale del centro di accoglienza, accomunati dal dolore e dalla disperazione. Una donna lancia grida disperate, urla il nome del figlio che non trova più. Il naufragio ha spezzato non solo la vita di tante persone, ma anche i legami più forti, quelli familiari. Tanti i casi di bambini rimasti orfani. Un signore afghano di 43 anni con il figlio di 14, ha perso sua moglie e tre figli di 13, 9 e 5 anni; mentre un bambino afghano di 12 anni ha perso tutta la famiglia, 9 persone in totale tra cui i genitori, 4 fratelli e altri parenti. Sono solo due delle storie raccolte dai volontari di Medici senza frontiere che sono impegnati nell’assistenza psicologica ai superstiti ospitati nel Cara di Isola Capo Rizzuto. E ancora, due fratelli afghani hanno perso i genitori e hanno un fratello ricoverato; una signora somala ha perso il fratello; un minore di 17 anni afghano, ricoverato in ospedale, ha perso i genitori; altri tre fratelli afghani ricoverati in ospedale hanno perso madre, padre e due sorelle. Storie drammatiche delle quali cerca di farsi carico l’équipe di Medici senza frontiere composta da un mediatore e da una psicologa. «C’è un sedicenne afghano – dice Sergio di Dato, capo progetto di Msf – che ha perso la sorella di 28 anni. Entrambi sono arrivati sulla spiaggia nuotando, ma purtroppo la sorella non ce l’ha fatta. Quando abbiamo attivato il family link per fare avvertire la famiglia del ragazzo dell’evento, purtroppo il giovane non ha avuto il coraggio di avvertire i genitori. Nei prossimi giorni seguiremo questo caso e lavoreremo con il supporto psicologico per far sì che il giusto messaggio possa essere dato ai genitori».
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