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Il dialogo sociale come strumento per parlare di lavoro
La CGIL di Maurizio Landini rilancia, dopo l’incontro con l’esecutivo, l’azione contro l’operato del Governo dei Patrioti, e conservatori, guidato da Giorgia Meloni a partire, proprio, dai contenuti del Decreto Lavoro.
La valutazione, infatti, neppure dopo questo “presunto” avvio di dialogo, non cambia ribadendo che, nel merito, il sindacato non vede risultati apprezzabili ed esprime, quindi un giudizio complessivamente non positivo che giustifica la prosecuzione della mobilitazione già in corso.
Si ritiene, infatti, negli uffici di Corso Italia, che l’esecutivo dichiari di voler discutere con le parti sociali, compreso il sindacato piú “rosso” e lontano ideologicamente dalla maggioranza, ma senza chiarire quali risorse mette sul tavolo e dove va a prenderle.
Landini ritiene, inoltre, che se si vogliono fare accordi bisogna discutere anche le piattaforme delle parti sociali “antagoniste” su temi cruciali quali la riforma delle pensioni, il superamento della precarietà e la riforma fiscale.Si chiede, in questa prospettiva, di rendere strutturale per il prossimo anno la riduzione del cuneo, aumentare le detrazioni e, ovviamente, rinnovare i contratti nazionali.
Si è, insomma, chiesto al governo di mettere le risorse necessarie per i rinnovi di tutto il settore pubblico e di intervenire con un provvedimento di “stimolo” per il settore privato che preveda, in sintesi, che quando non vengono rinnovati i contratti non si possa accedere agli incentivi e non vi sia la possibilità di partecipare agli appalti. Allo stesso tempo per superare i contratti pirata si propone di arrivare ad una legge sulla rappresentanza sindacale.
Allo stesso tempo non c’è, potremmo dire ovviamente, condivisione sulla legge delega presentata dal governo in materia fiscale.La CGIL è, infatti, contraria “storicamente” alla “flat tax” opponendo a queste proposte i principi della progressività delle imposte e della lotta all’evasione.
Sul tema poi della precarietà/flessibilità si sostiene che il livello raggiunto nel nostro mercato del lavoro non sia più accettabile. Non si può tollerare, ad esempio, secondo Landini, che 120.000 giovani italiani vadano ogni anno a vivere, e lavorare,da un’altra parte.
Per intervenire davvero occorrerebbe, quindi, cambiare le leggi “sbagliate” degli ultimi anni, a partire dal “Jobs Act” voluto, è opportuno ricordarlo, dall’allora premier e segretario del PD, il partito, almeno teoricamente, piú vicino alle istanze sindacali.In questo quadro, e partendo da queste posizioni, sabato 24 giugno ci sarà una grande manifestazione nazionale a Roma sulla sanità e sulla sicurezza sul lavoro.
L’auspicio è che dopo la manifestazione le parti tornino, nonostante tutto, a parlarsi e a dialogare nel rispetto dei ruoli e delle posizioni anche contrastanti.
Nessuno, infatti, ha ricette magiche con cui sistemare i tanti problemi del lavoro nel nostro paese. Il dialogo sociale, insomma, deve continuare ad essere, sperimentando anche soluzioni innovative, lo strumento principe con il quale operare quando si decide di intervenire sui delicati temi del lavoro. Se è vero, infatti, che i posti di lavoro non li si crea per decreto, difficilmente lo si può fare senza curare delle sane e responsabili relazioni con tutte, nessuna esclusa, le parti sociali.