Green Border

Minsk, Bielorussia oggi, un aereo turco atterra con un gruppo di richiedenti asilo diretti in alcuni Paesi europei. In particolare, la storia segue una famiglia di profughi siriani cui si accoda una donna afgana in fuga dal regime dei Talebani. Dopo aver pagato generosamente un accompagnatore fino al confine, il gruppo è costretto a disperdersi nei campi appena toccato suolo polacco. Le forze militari polacche hanno l’ordine di rigettare ogni ingresso, e così avviene anche per loro. Seguiranno altri tentativi, intervallati da ripetute percosse, privazioni e situazioni dove la dignità umana viene meno. Uno scenario straziante, osservato anche attraverso la prospettiva di una giovane poliziotto polacco riluttante e di un gruppo di attivisti che prestano primo soccorso sul territorio.

Valutazione Pastorale

Originaria di Varsavia, classe 1948, la regista Agnieszka Holland è uno degli autori capofila della cinematografia polacca. Tra i suoi titoli “Un prete da uccidere” (1988), “Europa Europa” (1990), “Il giardino segreto” (1993), ma anche la regia di serie Tv di richiamo come “The Killing”, “House of Cards”, “The Affair” e “1983”. All’80a Mostra del Cinema di Venezia (2023) si è presentata in Concorso con “Green Border” (“Zielona granica”), vincendo il Premio speciale della giuria; successivamente l’opera è stata scelta per inaugurare il XXVII Tertio Millennio Film Fest (2023). È nei cinema italiani dall’8 febbraio 2024 con Movies Inspired e Circuito Cinema. La storia. Minsk, Bielorussia oggi, un aereo turco atterra con un gruppo di richiedenti asilo diretti in alcuni Paesi europei. In particolare, la storia segue una famiglia di profughi siriani cui si accoda una donna afgana in fuga dal regime dei Talebani. Dopo aver pagato generosamente un accompagnatore fino al confine, il gruppo è costretto a disperdersi nei campi appena toccato suolo polacco. Le forze militari polacche hanno l’ordine di rigettare ogni ingresso, e così avviene anche per loro. Seguiranno altri tentativi, intervallati da ripetute percosse, privazioni e situazioni dove la dignità umana viene meno. Uno scenario straziante, osservato anche attraverso la prospettiva di una giovane poliziotto polacco riluttante e di un gruppo di attivisti che prestano primo soccorso sul territorio. Girato con un efficace bianco e nero “Green Border” arriva come un’onda d’urto allo spettatore. Si rimane rapiti dal realismo e dall’immediatezza del suo racconto dai contorni documentaristici. “Green Border” è un film di denuncia che volge lo sguardo dove l’attenzione dei media sembra essere più stanca o distratta, al confine tra Polonia e Bielorussia, dove vengono ammassati migliaia di migranti bloccati in un braccio di ferro politico tra l’Unione Europea e il presidente Aljaksandr Lukašėnko. “Questo confine – ha spiegato la regista – è fatto da un’enorme foresta, con fiumi e paludi pieni di animali selvatici; i rifugiati spesso non sapevano di tutto questo e si sono trovati in una trappola mortale. Il governo polacco ha deciso di usare le maniere forti, respingendoli verso la Bielorussia. I doganieri bielorussi li hanno torturati e poi rimandati oltreconfine. Molti profughi sono morti su suolo polacco, altri dentro la foresta”.

La Holland ha inoltre affermato: “Quando ho visto i volti di questi migranti ho deciso di voler raccontare le loro storie in un film, mostrando così la dimensione umana di tale tragedia, di tutte le persone coinvolte: rifugiati, polizia di confine e attivisti. Non si tratta di un documentario, ma è un film a soggetto, basato su una ricerca molto scrupolosa. Avevamo la speranza che questo film arrivasse anzitutto alle coscienze e ai cuori dei polacchi, ma siccome si tratta di un tema universale, abbiamo pensato il film per l’Europa tutta”. La regista Holland vuole destare l’attenzione di tutti, politici e spettatori, verso un’emergenza dimenticata o meglio “declassata” su suolo europeo. Ci racconta l’odissea di questo gruppo di esuli che passano dagli sguardi fiduciosi nel momento in cui approdano a Minsk all’orrore più fosco lungo la linea di confine tra Polonia e Bielorussia, tratto definito “Confine verde”. Non si aspettano di trovare nel civilissimo e democratico Vecchio Continente un trattamento così disumano e degradante. La Holland firma un film di grande qualità e densità, in termini stilistici e tematico-valoriali. È molto efficace la divisione in capitoli, che si adatta ai diversi punti di vista narrativi: gli esuli, i militari polacchi, gli attivisti, la psicologa-volontaria Julia e nuovamente il giovane poliziotto. “Green Border” si rivela un’opera importante, convincente e necessaria, sottolineando il valore e l’impegno di una regista, la Holland, in prima linea per i diritti degli ultimi come altri grandi autori europei quali Ken Loach, i fratelli Dardenne e Gianfranco Rosi. Film consigliabile-complesso, problematico, adatto per dibattiti.